Archivio notizie - 2007

26 dicembre 2007

A Natale tutti buoni?? No! A Natale si lotta! Come tutti i giorni.
Non è vero che a Natale certe cose non si fanno. I ferrovieri della stazione di Rosignano stanno contrastando il tentativo di cassa integrazione indiretta che RFI cerca di mettere in atto sulla loro pelle.Con la motivazione che l’impresa ferroviaria SERFER in questi giorni lavora meno, è arrivata la “letterina di Natale” del direttore compartimentale che ci “ordinava” di rimanere a casa in ferie (i nostri congedi). Chiusa la stazione per tutto il periodo delle feste ad eccezione di alcuni giorni, divisi ad hoc tra il personale per “spartirsi” qualche giorno di festività lavorate, (un po’ di concessione a tutti!) per non far arrabbiare troppo il personale. La risposta dei lavoratori però è stata forte. Tutti ci stiamo presentando al lavoro rivendicando il rispetto del nostro turno di lavoro. Presenzieremo l’impianto nei giorni “chiusi per ferie” e affronteremo il ricorso legale per far rispettare il nostro diritto al lavoro, contro l’arroganza e gli atti unilaterali della direzione compartimentale, contro la cassa integrazione nel pubblico impiego!!
Il personale RFI della stazione di Rosignano.

19 dicembre 2007

QUESTION TIME A MONTECITORIO: ECCO PERCHE' SI E' FERMATO IL TRENO MALEDETTO.
''Il treno Eurostar 9354 in viaggio da Lecce a Roma si e' fermato nella tratta di interconnessione tra la linea storica e quella ad alta velocita': in questo punto le apparecchiature elettroniche della locomotiva devono passare dall'assetto di funzionamento con un'alimentazione a 3 kw a corrente continua a quella a 25 kw a corrente alternata propria della linea ad alta velocita'. Questo passaggio non e' avvenuto''. Il ministro per l'Attuazione del Programma Giulio Santagata ha illustrato i motivi del ritardo accumulato dal treno Eurostar Lecce-Roma il 15 dicembre scorso rispondendo ad un question time nell'aula di Montecitorio. ''Il personale del treno ha chiesto soccorso - ha proseguito - ed e' stato mandato un mezzo da Aversa per consentire l'aggancio dell'Eurostar, ma nel corso dell'operazione si e' verificata la rottura del meccanismo di aggancio del treno. Non e' finita: nel frattempo era stato disposto l'invio da Napoli di un Etr per il trasbordo dei passeggeri una volta che l'Eurostsar 9354 fosse stato portato a Capua. L'Etr di soccorso e' stato inviato nel punto piu' vicino possibile all'Eurostar ma per un ulteriore inconveniente tecnico e' stato necessario retrocedere l'Etr fino a Capua e trasbordare i passeggeri su un ulteriore convoglio''. ''Una serie di circostanze piuttosto sfortunate'', ha commentato Santagata, il quale ha spiegato che le Ferrovie dello Stato hanno assicurato che i passeggeri sono stati assistiti e a Capua sono stati distribuiti mezzi di conforto e messi a disposizione i taxi. A Roma sono stati messi a disposizione taxi e camere d'albergo, prevedendo il rimborso o la riprenotazione degli aerei. Per i passeggeri dell'Eurostar e' stato infine previsto il rimborso del viaggio. (Fonte: www.cartasette.it)
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FS: I MACCHINISTI, IL CASO DEL LECCE ROMA “COLPA” PROGETTO ETR
“Paghiamo tutti il prezzo per i treni a “sangue blu”
Roma, 19 dicembre 2007 – “La responsabilità principale del gravissimo ritardo con cui si è soccorso il treno Lecce-Roma è da attribuire principalmente alla diversità dei sistemi di aggancio degli ETR da quelli degli altri treni ed anche tra di loro”. E’ quanto affermano in una nota i responsabili della storica rivista dei macchinisti italiani “ancora IN MARCIA!” riguardo al pesante disservizio subito dai viaggiatori dell’eurostar Lecce Roma la notte della scorsa domenica. “Volevano farne dei treni con il “sangue blu” che non dovevano agganciarsi con nessuno dei treni esistenti, e ci sono riusciti, a danno però di tutti, viaggiatori e ferrovieri.
Questa scelta che mirava proprio a costituire i presupposti tecnici per una ferrovia di seria A ed una di serie B, indipendenti tra loro, continua a produrre i suoi frutti negativi. Infatti - proseguono i macchinisti - a seguito di un guasto che per i treni normali può risolversi in tempi standard, per gli ETR vi sono sempre problemi maggiori che, spesso, determinano situazioni paradossali: ogni volta che è necessario trainare un ETR diventa un’emergenza perché non si possono utilizzare le normali locomotive che si trovano in viaggio ma è necessario chiamarne una speciale con apposite attrezzature, complesse, poco affidabili e di difficile utilizzazione. Con una scelta progettuale che i ferrovieri tutti considerano miope e suicida, sugli ETR non sono stati montati i caratteristici “respingenti” quelli - specificano i macchinisti – che consentono l’aggancio rapido e sicuro e storicamente collaudato di tutte le locomotive e le carrozze tra loro. La situazione di domenica scorsa è stata ulteriormente aggravata dal fatto che il treno si trovava sul tratto ad
alta velocità della linea Roma Napoli, alimentato a 25.000 volt invece che i normali 3.000 della rete nazionale. Treni dal “sangue blu” su linee a “sangue blu” – concludono con ironia i macchinisti - devono fare i conti con una ferrovia ed un parco macchine, “plebeo” ma sobrio affidabile e collaudato” .
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EUROSTAR 9354, IL TRENO DELL'INFERNO: UN VIAGGIATORE CI RACCONTA
(articolo apparso su www.cartasette.it)
Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un professionista, il dottor Vincenzo Gisondi, promotore finanziario, tra i 450 passeggeri del treno dell'inferno.
Egr. Direttore,
Le racconto quanto accaduto saabto pomeriggio a me e ad altri circa 500 viaggiatori, presenti a bordo dell’Eurostar 9354 diretto a Roma Termini. Salito con un collega, alla stazione di Caserta alle h. 16,37, pochi km dopo, all’altezza di Capua, il treno si arresta sui binari per un guasto tecnico. Sono le h. 17 circa. E qui comincia la nostra odissea! Ad un annuncio ritardo di 45 minuti, ne seguono, via, via altri. Il treno rimane fermo sui binari, su di un viadotto. Intanto è buio e non riusciamo, dalle luci in lontananza a renderci conto del punto esatto un cui ci troviamo. Passate due ore circa, l’aria comincia a diventare irrespirabile. Ci sentiamo chiusi in un “barattolo e sottovuoto”. Col mio collega e compagno di sventura, decidiamo di recarci presso la carrozza bar dove, per fortuna, riusciamo a trovare un po’ di sollievo dall’aria irrespirabile. Dalle conversazioni degli altri viaggiatori riusciamo a comprendere che un primo tentativo di soccorso da parte di una motrice che avrebbe dovuto trainare il treno alla vicina stazione di Capua, è fallito. Dai pareri ascoltati intuisco che un errore di agganciamento del convoglio è stata la causa dell’insuccesso. Passa altro tempo! Intrattenendomi al vagone bar-ristorante vedevo passare numerosi passeggeri che si avvicinavano dalle carrozze in testa ed in coda al treno trovando le scorte esaurite. Era tutto finito in pochi minuti. Finalmente, dopo proteste vibrate di alcuni viaggiatori, con i servizi igienici ormai inservibili e con i cattivi odori provenienti dagli stessi che appestavano l’aria, si riusciva ad ottenere l’apertura delle porte, da un lato del treno, per far entrare aria dall’esterno. Ho visto una viaggiatrice con sintomi asmatici, preoccupatissima; un’altra signora soccorsa perchè colpita da crisi di panico. Altri scendevano dal treno per espletare al gelo ed al buio i loro fisiologici bisogni non avendo altra alternativa. Una signora si è vista impossibilitata ad ottenere che il bicchiere di latte del proprio figlio potesse essere riscaldato, vista l’assenza di corrente. Nella mia carrozza c’erano due bambine di pochi mesi per fortuna rimaste tranquille grazie al solo sangue freddo delle loro madri. Intanto si attendeva un'altra motrice, dal lato opposto del treno, cioè, dalla testa-dir. Roma. Deve, però, arrivare il mezzo da quella direzione ed occorre, altro tempo. Il secondo tentativo, viene effettuato dopo diverse ore. Sono circa le h. 21,30. Una motrice aggancia il treno e lo spinge, all’indietro; in senso contrario a quello di marcia. Dopo pochi minuti sotto la mia carrozza si odono dei forti rumori; come se il tremo fosse deragliato. E’ stata questa la mia sensazione; anche se, poi, mi sono accorto che si trattava di una rottura meccanica. A quel punto è scoppiata l’ira di tutti i passeggeri, che hanno perso completamente la pazienza ed intimavano di non far muovere il convoglio. Si respirava, da parte dei volenterosi macchinisti e capotreni, l’impotenza di fronte a passeggeri ormai esasperati e furiosi. Le loro inutili telefonate ai superiori li lasciavano in balia della rabbia dei passeggeri. I viaggiatori, abbandonati a se stessi cercavano aiuto, me compreso, contattando direttamente i nn° di telefono di emergenza di carabinieri e protezione civile. Ma nulla! Si andava verso l’esaurimento dei generatori del treno stesso e delle batterie dei cellulari di chi era a bordo. Verso le ore 24 arrivava la Protezione Civile portando agli sventurati viaggiatori un bicchiere di tè caldo. Ma, a loro dire, erano stati allertati solo da pochi minuti. Ciò nonostante i vani tentativi di contattarli fatti da me ed altri passeggeri attraverso il 112 nelle ore precedenti. Si avviavano le procedure di trasbordo, dopo che la motrice di soccorso era almeno riuscita a spingere il treno fuori dal viadotto. Un altro treno Eurostar si affiancava al nostro. Al buio e al gelo si saliva al bordo del nuovo convoglio. Nella mia mente sembravano rivivere le scene viste nei film sulle deportazione degli ebrei durante la seconda guerra mondiale, Allucinante! Intanto, dopo aver ricevuto assicurazioni che il treno, ripartito, avrebbe dovuto transitare per Capua, prima di proseguire per Roma. Personalmente scendevo dal treno e avvicinatomi ai soccorritori della Protezione Civile facevo presente di non essere più intenzionato, alle h. 24,00 a raggiungere Roma. Venivo invitato a raggiungere le luci dei lampeggianti dei mezzi di soccorso persi nel buio della notte ad almeno un paio di km nella notte. Camminando lungo i binari per una decina di minuti illuminato dal residuo di batteria del mio cellulare raggiungevo il punto, in mezzo alla campagna, da cui erano partiti i soccorsi. Mi guidava il riferimento dei lampeggianti delle auto di soccorso nel buio della notte. Per me è stata la fine di un incubo! Qui un giornalista locale, accorso sul posto per motivi di lavoro, ci accompagnava al punto di incontro comunicato ad un amico che ci raccoglieva e riportava a casa sani e salvi alle h. 02,30. Morale della “favola” impiego 8 ore per percorrere un tratto di strada che va da Caserta a Capua (loc. Pastorano) a bordo del treno di punta di Trenitalia; rimango otto ore chiuso ed isolato nel treno con altri 5/600 sventurati; cinque persone, tra macchinisti e controllori, volenterosi, ma impotenti ed inascoltati dai loro stessi superiori, si sono trovati a gestire un problema enorme e più grande di loro. Riesco solo grazie alla fortuna di trovarmi vicino casa a scendere dal treno e ritornare con mezzi di fortuna alla mia abitazione. Ma degli altri? Quando ho visto ripartire, lentamente, il treno nel buio ho provato un misto di sollievo per me ed il mio collega finalmente salvi e preoccupazione per tutti gli altri che proseguivano quel viaggio assurdo. Il giorno dopo, a mente fredda, mi chiedo: DI CHI E’ LA COLPA DI TUTTO CIO’? IN CHE PAESE VIVIAMO? COME PUO’ L’AZIENDA TRENITALIA CHE SVOLGE UN SERVIZIO COSI’ IMPORTANTE, IN UN PERIODO “METEOROLOGICO” DI TALE ECCEZIONALITA’ LASCIARE ABBANDONATE A SE STESSE TUTTE QUELLE PERSONE, COMPRESI I SUOI STESSI DIPENDENTI? E SE QUEL BLOCCO FOSSE AVVENUTO IN UNA DELLE TANTE GALLERIE SUCCESSIVE? Gentile direttore, voglia cogliere in queste parole il mio sfogo, la mia amarezza ed il mio dispiacere di cittadino e utente di Trenitalia. Spero, attraverso la sua voce, di avere una risposta a queste domande … E’ possibile che la mia sola fortuna sia quella di poter raccontare l’accaduto? (17 dicembre 2007-14:49)

12 dicembre 2007

Crevalcore non si dimentica
Il 20 dicembre 2007, alle ore 9,00 iniziera’, presso il tribunale di Bologna, l’iter processuale per il disastro ferroviario di Crevalcore.
Sono passati tre anni e il dolore e la rabbia si sono trasformati in consapevolezza e lucida determinazione.
I ferrovieri non hanno dimenticato e vogliono contribuire alla ricerca della verità, impedire che la sicurezza sia smantellata e a individuare le responsabilita’, affinch è non accada “mai piu'!”
Il processo, come in tutte le stragi, si annuncia lungo e impegnativo e sarà necessaria tutta la nostra forza e la nostra ferma volonta' per non farlo cadere nell’oblìo. Vogliamo ottenere giustizia.
Il giorno 20 dicembre si valuteranno le opposizioni alle proposte di archiviazione richieste dalla procura nei confronti di tre dirigenti nazionali (Moretti, Elia e Paganelli). mentre per tre funzionari locali la stessa procura ha chiesto il rinvio a giudizio.
Tutti i ferrovieri, gli attivisti e i delegati, i quadri e i dirigenti sindacali, sono invitati a presenziare l’avvio del processo ed a seguirne tutte le fasi.
Organizziamo delegazioni da tutta italia appuntamento alla stazione centrale ore 8:30.

12 dicembre 2007

Porte killer: un'interrogazione parlamentare. Logo del Senato della Repubblica Italiana
A seguito delle iniziative sulla sicurezza delle porte dei treni è stata presentata in Senato un'interrogazione parlamentare.
La vertenza continua.
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Legislatura 15 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-03201 Atto n. 4-03201
Pubblicato il 12 dicembre 2007 - Seduta n. 265
PALERMI , TIBALDI , PELLEGATTA - Ai Ministri dei trasporti e del lavoro e della previdenza sociale.
Premesso che:
- la sicurezza sui luoghi di lavoro è da troppo tempo diventata un'emergenza nazionale e, per quanto attiene al sistema dei trasporti, essa diviene una questione di sicurezza collettiva non più eludibile;
- con due disposizioni, la n. 21 e la n. 49 del 2007, Rete ferroviaria italiana...
...Leggi tutto sul sito www.senato.it , oppure scarica il testo in pdf e poi vai a pag. 109 del documento, ovvero a pag. 130 del file.

12 dicembre 2007

Apprendista ferroviere, 25 anni, travolto sui binarivauro
Francesco Piccioni (il manifesto, Roma - 11 dicembre 2007) Stazione di Torricola, notte gelida e pioggia che intorpidisce i riflessi. Harold Anthony For­sythe, 25 anni, apprendista del­la manutenzione di Rete ferroviaria italiana (Rfi), forse sente arrivare il treno 9378 proveniente da Napoli e già in ritardo. Salta fuori dal binario su cui sta lavorando, ma rimane agganciato per la bretella del borsone degli attrezzi. Viene sbattuto via come un fuscello da decine di tonnellate di metallo lanciato a 170 all'ora. I compagni lo trovano ancora vivo e cosciente, ma muore poco dopo. I macchinisti non si sono accorti di nulla. E' stata la Polfer, in mattinata, ad avvertirli dell'accaduto. Nessuno aveva segnalato loro che in quel punto c'erano dei lavori in corso. Non una telefonata, né una segnalazione fisica; tantomeno l'«abbattimento del codice di binario», un segnale elettronico gestito dalla centrale che limita la velocità a 100 km orari. Comunque tanti, ma avrebbero dato ad Anthony qualche secondo in più. Certo sufficiente a far uscire dal tracciato anche quella maledetta borsa a tracolla. Del resto' tempi di lavorazione per entrare e uscire dai binari sono «tarati» sulla velocità media di un treno in quel certo tratto.
Nessuno dice nulla di più. Non si sa neppure da quanti operai fosse composta la squadra Ies (impianti elettrici di segnalamento) convocata con chiamata d'emergenza tra i «reperibili» (forse per riparare un semaforo). Di sicuro non doveva esser lui ad effettuare la mansione più pericolosa: un semplice apprendista da pochi mesi inserito al lavoro in uno dei settori più pericolosi. Pochi giorni fa martedì scorso un altro ferroviere era rimasto gravemente ferito sulla stessa tratta e con le stesse modalità: notte, pioggia, assenza di segnalazione ai macchinisti. Era più esperto 40 anni, circa ma lavorava insieme a un solo altro collega, in barba ai regolamenti che prescrivono una squadra minima di tre persone anche per riavvitare un bullone (uno esegue la riparazione, uno sta «a monte» e un altro «a valle», per segnalare l'eventuale pericolo). Portato all'ospedale Sant'Anna di Pomezia, gli avevano applicato 200 punti di sutura e bolaccato alcune costole.
«Ormai la normativa di sicurezza, in ferrovia, è di fatto abrogata» spiega Stefano Pennacchietti, delegato (Cgil) rsu della manutenzione infrastrutture Statisticamente siamo sempre in attesa che si ripetano altri incidenti». Le cause sono note: la «decimazione degli organici» per «risanare i conti di Fs» comporta numeri ridotti di personale per ogni funzione. Così, ogni normativa resta scritta sulla carta e i ferrovieri sono stati i precursori anche in materia di sicurezza, con procedure rigide puntigliosamente dettagliate. Nella pratica, però, «per non far vedere un semaforo giallo a un treno» (che significherebbe rallentarlo di forse 10 o 20 secondi) si preferisce far fare la manutenzione «in corsa». Qualche volta il macchinista riesce ad accorgersene, qualche altra gli operai sui binari fanno in tempo a scansarsi. Qualche volta no.
I delegati rls e rsu coordinati nell'Assemblea nazionale dei ferrovieri iscritti a un po' tutti i sindacati presenti in Fs puntano contro i troppo accordi sindacali «stipulati in questi armi da cgil-cisl-uil-ugl-orsa e fast, che non tengono sufficientemente conto della sicurezza, ma sono sbilanciati a soddisfare le esigenze di produttività manifestate dall'azienda». Competitività e flessibilità esigono delle vittime, pare. Non è una metafora.
La lista degli incidenti tra i manutentori si va infoltendo a vista d'occhio. Solo nel lazio, nel novembre dello scorso anno era morto Massimo Romano (stava lavorando col martello pneumatico e con le cuffie in testa); nella primavera di quest'anno altro incidente moortale a Tarquinia. Un mese fa un treno ha travolto un cantiere sulla tratta Roma-Nettuno (fortunatamente una di quelle a più bassa velocità), con gli operai che sono riusciti a mettersi in salvo per un soffio. Mentre i vertici di Fs e dei «ministeri competenti» si riempiono la bocca di progetti ad «alta velocità» e tecnologie innovative, sui binari «si lavora a orecchio». L'unica misura di sicurezza di fatto sempre attiva.
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Normative eluse e carenza del personale prevalgono sulla sicurezza. Edilizia e ferroviario pagano un alto prezzo
Lazio travolto dalle morti bianche
Il colpevole è sempre il profitto
( Alessandro Ambrosin, Liberazione, 15 dicembre 2007)
Il bilancio di questa settimana è davvero drammatico. Le cosiddette "morti bianche" rimangono tutt'ora un fenomeno onnipresente, nel quale ogni città e ogni categoria di lavoratori piange le proprie vittime. Lazar Costel, un operaio romeno di 29 anni è morto dopo essere caduto da un'impalcatura a sette metri d'altezza in un cantiere edile di Torvaianica. Lo stesso giorno, a Santa Palomba, un altro operaio è rimasto gravemente ferito dopo essere precipitato dal tetto di un capannone industriale. Ma gli infortuni sul lavoro non sono un primato esclusivo della cantieristica edile. La notte tra il 10 e l'11 dicembre Harold Anthony Forsythe, di appena 26 anni dipendente delle Ferrovie dello Stato ha perso la vita. Era stato improvvisamente chiamato con la sua squadra per riparare i segnali luminosi sulla linea ferroviaria nei pressi di Torricola, alle porte della capitale, ed è stato travolto dall'Eurostar 9378 proveniente da Napoli e diretto a Roma. Anthony era un apprendista, quindi era ancora impegnato nell'attività prevalentemente formativa. Quella notte era impiegato nel turno di reperibilità programmato, assegnato solitamente per un giorno alla settimana. In questi casi, la configurazione minima di sicurezza per la manutenzione dev'essere composta da un minimo di tre persone, l'avvistatore, la vedetta e l'avvisatore,
A seconda, infatti, delle caratteristiche orografiche della tratta bisogna essere in grado di segnalare alla squadra di manutentori l'arrivo del treno, con un sufficiente anticipo tale da poter sgombrare dalla linea.
L'azienda afferma che solo due persone stavano lavorando alla manutezione e mentre il giovane si spostava da un punto all'altro del binario è stato investito. Ma dal "tam tam della rotaia" trapela un'altra versione. I colleghi suppongono che Anthony fosse addirittura solo. La sua borsa si è agganciata al treno in corsa, facendolo cozzare violentemente sulla parete del vagone. Successivamente è stato trasportato all'ospedale in uno stato ancora cosciente, per spegnersi qualche attimo dopo.
Il giovane apparteneva al reparto IS, quello degli Impianti di Segnalamento, un settore della categoria tra le più sacrificate ed impegnate. Le chiamate di segnalazioni guasti sono praticamente ininterrotte e il sovraccarico d'interventi comporta una mole di lavoro notevole. Il sotto organico del personale è pari a 1/3 del numero totale degli addetti e questo comporta che tutte le figure disponibili siano impiegate da subito, specialmente nei turni notturni per sopperire a tale mancanza.
La Legge non stabilisce con precisione le mansioni da svolgere in queste circostanze, ma una cosa è certa. La figura di un "tutor", cioè di una persona con un'esperienza acquisita, dev'essere sempre presente. Tuttavia, la non interruzione della linea ferroviaria, prevale su tutto. Anche sulla normativa interna alle Rfi, che prevede l'abbattimento dei codici della velocità delle linee. In sostanza i treni dovrebbero rallentare automaticamente senza superare i 160 Km orari in corrispondenza delle tratte soggette alla manutenzione.
Ma questo non si verifica più. Perché ritardare le linee significa soprattutto incidere sulla puntualità. Eppure, la normativa IPC, (Istruzione Protezione Cantiere) del testo Unico sulle attività delle manutenzioni e infrastrutture parla chiaro. La sicurezza deve essere garantita.
Quella tragica notte il treno viaggiava alla velocità di rango prevista per quella tratta a 170 Kmh, tanto che il macchinista non si è accorto minimamente dell'impatto.
A distanza di un anno dall'episodio di Massimo Romano, un altro ferroviere morto nei pressi di Monterotondo durante la manutenzione, le "stragi bianche" continuano a ripetersi, nel mancato rispetto di normative a tuela della qualità del lavoro, della legalità dei diritti e dei controlli rigorosi sulle norme di sicurezza e sulla prevenzione. Nel frattempo di lavoro si continua a morire.

15/12/2007

4 dicembre 2007

FERROVIE : ESPOSTO-DENUNCIA LAVORATORI, PORTE KILLER SU TRENI
(ANSA) - ROMA, 4 DIC - Porte killer sui treni italiani.
La denuncia giunge da delegati Rsu e rappresentanti per la sicurezza dell'Assemblea Nazionale dei Ferrovieri che hanno presentato un esposto alle Procure di Roma e di altre città italiane. Secondo i lavoratori - che parlano di quattro morti solo negli ultimi mesi e circa 800 infortuni in due anni - metà dei treni in circolazione (intercity, espressi e parte dei regionali) non ha i dispositivi atti a impedire che qualcuno rimanga intrappolato tra le porte con il treno già in moto, mentre nuove disposizioni interne entrate in vigore il primo dicembre vanificano, per garantire maggiore puntualità, il sistema 'controllo porte chiuse' sui convogli dove è presente. In base alle nuove direttive adottate in particolare da Trenitalia, in linea con quelle precedentemente emanate da Rfi, anche sui treni dove esiste il sistema che accende in cabina di guida una spia luminosa solo quando tutte le porte sono chiuse, si consente infatti la partenza, evidenziano i lavoratori, anche in assenza di tale segnale, affidando il controllo visivo al capotreno. Una 'missione impossibile' per quest'ultimo, dicono, considerato che un Etr, per esempio, conta ben 46 porte. (ANSA).
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FERROVIE : ESPOSTO-DENUNCIA LAVORATORI, PORTE KILLER SU TRENI(2)
(ANSA) - ROMA, 4 DIC - Ma c'é anche il problema, osservano, di tutti quei casi in cui il capotreno affianca il macchinista in cabina e dunque non può svolgere il suo ruolo di controllo. E così anche i treni meglio attrezzati finiscono per essere privi di un dispositivo di sicurezza costituito da un semplice circuito elettrico ma che sarebbe stato addirittura disattivato per ragioni organizzative, si legge nell'esposto-denuncia, nelle cosiddette carrozze 'a media distanza'. Carrozze che sarebbero vere 'serial killer', per come sono configurate e azionate le porte (riapribili anche dall'esterno a treno già in movimento) e sulle quali sono avvenuti - denunciano ancora i lavoratori - gli ultimi quattro incidenti mortali a Roma Termini, Pietrasanta (Lucca), Torricella (Rieti) e Verona. Particolarmente insidiose sonno giudicate anche le carrozze 'gran confort' di prima classe, le cui porte si chiudono con violenza 'a ghigliottina'. "Eppure i dispositivi di sicurezza non richiederebbero grandi investimenti - ha sottolineato Dante De Angelis, il macchinista e delegato alla sicurezza licenziato e reintegrato da Trenitalia nel 2006 - considerate le spese che si fanno in riverniciature e pubblicità". E le ferrovie pubbliche hanno "un obbligo giuridico e morale di adottare tutte le misure ragionevolmente applicabili per la pubblica incolumità". Tanto che proprio nei giorni scorsi, ha ricordato ancora De Angelis, il tribunale di Prato ha condannato per omicidio colposo tre alti dirigenti di Trenitalia e Rfi per la morte di una viaggiatrice caduta da una porta apertasi in corsa nel 2002. Solo uno dei tanti infortuni e incidenti recenti ricordati dall'Assemblea nazionale ferrovieri e che, quando non sfociano nella morte di passeggeri o membri del personale, provocano gravi lesioni e amputazioni. Da qui la richiesta - negli esposti firmati da delegati di varie sigle sindacali, come Sdl e Orsa ma anche Cgil e Uil - di un intervento urgente della magistratura.
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Scarica l'esposto presentato presso la Procura della Repubblica di Lucca ed utilizzalo come base per altre iniziative.

30 novembre 2007

FERROVIE: I DELEGATI, SUI TRENI ‘PORTE ASSASSINE’.
DIRIGENTI FS CONDANNATI PER OMICIDIO COLPOSO

Roma, 30 novembre 2007 – "Condannati per omicidio colposo tre alti dirigenti Fs per la morte di una viaggiatrice caduta da una porta, apertasi in corsa, perché priva di un sistema di sicurezza idoneo. Il numero abnorme di incidenti connessi alle porte dei treni ci obbliga a denunciare che esiste un vero e proprio fenomeno ‘porte assassine’ di cui restano vittime sia i viaggiatori che gli stessi ferrovieri, un fenomeno occultato nella sua gravità". E’ quanto rendono noto i delegati Rsu e Rls dell’Assemblea Nazionale dei Ferrovieri in relazione al processo, conclusosi ieri presso il Tribunale di Prato, per la morte di Teresa Sortino avvenuta il 16 luglio 2002. "Michele Elia, oggi amministratore delegato di RFI, Emilio Maestrini responsabile sicurezza di Trenitalia e Fazio Caroti, responsabile certificazione, sono stati condannati per omicidio colposo – specificano i ferrovieri - per non aver attuato le necessarie misure di sicurezza e per aver certificato apparecchiature risultate inidonee a garantire la sicurezza al materiale rotabile ferroviario, secondo le norme vigenti; in particolare per la mancanza di un circuito di riserva o di un allarme che segnalasse il grave guasto. Questo fenomeno a nostro parere, obbliga tutti ad adottare misure straordinarie per la tutela di viaggiatori, e stessi ferrovieri ed a rivedere le leggi, i regolamenti, le tecnologie e l’organizzazione delle FS. Facciamo appello al mondo politico affinché non lasci cadere nel vuoto questo allarme per la sicurezza collettiva". Sono infatti centinaia, solo negli ultimi due anni, i casi di infortunio, di mutilazione e di morte di utenti e lavoratori correlati al cattivo funzionamento delle porte. "Su molti di questi episodi sta indagando la magistratura e speriamo che la sentenza del Tribunale di Prato - sottolineano i delegati – apra una nuova sensibilità e metta finalmente in luce la necessità di rispettare anche sui treni le comuni norme di “buona tecnica” e l’obbligo da parte del ministero dei trasporti e degli organismi di controllo di mettere sotto stretta osservazione le FS".
I Delegati RSU/RLS dell’Assemblea Nazionale dei Ferrovieri
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Porte assassine: condannati Maestrini (Trenitalia) e Elia (RFI).
"Donna cadde dal treno in corsa: colpevoli i funzionari delle Ferrovie.
PRATO. La porta dell'espresso Venezia-Palermo doveva bloccarsi col treno in movimento, ma così non fu, una donna morì cadendo dal convoglio e la colpa è di Trenitalia e Rete ferroviaria italiana, le due società che gestiscono treni e rotaie. Lo ha stabilito il giudice Anna Primavera, che ieri ha condannato tre alti dirigenti delle due società a un anno e quattro mesi di reclusione (pena indultata) per omicidio colposo e il mancato rispetto di alcune norme di sicurezza. A risponderne sono stati chiamati Emilio Maestrini, 55 anni, dirigente dell'Unità tecnologie del materiale rotabile di Trenitalia, il pisano Fazio Caroti, 61 anni, direttore della certificazione di sicurezza di Rfi, e Michele Elia, 61 anni, responsabile della direzione tecnica di Rfi.
La condanna non avrà effetti pratici su di loro, ma potrebbe obbligare Trenitalia e Rfi a installare sistemi di sicurezza più efficaci sui treni. Il guasto che costò la vita a Teresa Sortino, 59 anni, originaria di Caltagirone, nella notte del 16 luglio 2002 all'interno della galleria della Direttissima tra Vernio e San Benedetto Val di Sambro, non può essere liquidato come una casualità. Si ruppe un congegno detto "ruota fonica", che dovrebbe bloccare le porte del treno oltre la velocità di 5 chilometri orari. Invece la porta del vagone sul quale viaggiava Teresa Sortino si aprì, la donna cadde e morì sul colpo. Gli altri passeggeri diedero l'allarme e ci vollero tre mesi, grazie anche alla trasmissione "Chi l'ha visto?", per dare un nome alla vittima. I tecnici del Dipartimento di prevenzione dell'Asl 4 sco­prirono che il sistema era rotto e che sull'espresso Venezia-Palermo non c'era nemmeno una spia che avvertisse il macchinista del guasto. Ma nel corso del processo è emerso che questo tipo di guasto si era verificato la bellezza di 847 volte, solo nel 2002, sui tratti gestiti da Rete Ferroviaria Ftaliana.
La Procura, ieri rappresentata dal pubblico ministero Roberta Pieri, ha sostenuto che Trenitalia e Rfi avrebbero dovuto installare un sistema "ridondante", nel senso che avrebbero dovuto esserci almeno due dispositivi per avvertire il macchinista del guasto. Una tesi fortemente conte­stata dagli avvocati dei tre imputati con varie argomentazioni, tra cui quella che un simile intervento costerebbe troppo.
A Maestrini, Caroti ed Elia è stato contestato, oltre all'omicidio colposo, il mancato rispetto della legge 626, una circolare interna di Trenitalia (sulla necessità della spia che segnala il guasto) e una direttiva europea, la 1050, che obbliga a fare una stima del rischio. Sul perché Teresa Sortino sia caduta dal treno (incidente o suicidio) nessuno potrà dare una risposta. Sul fatto che non dovesse cadere (volente o nolente) una risposta l'ha data ieri il giudice, stabilendo che il sistema era troppo rischioso e che Trenitalia e Rfi avrebbero dovuto saperlo e provvedere di conseguenza."
(fonte: Il Tirreno. Scarica, in originale, questo articolo ed un altro apparso su "La Nazione")
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Crediamo sia necessario che tutti ci impegnino ad adottare iniziative per modificare e migliorare la sicurezza connessa all'uso delle porte dei treni.
Mettiamo in comune tutte le idee! Ciao, Dante De Angelis

29 novembre 2007

Ergonomia e microclima nelle cabine di guida delle locomotive E646 e E633-632.
La ASL 20 di Alessandria e Tortona ha emesso prescrizione a carico della DR Piemonte (Trenitalia spa) per il mancato rispetto dei corretti criteri di ergonomia e microclima a bordo delle locomotive E646, E633-632.
Complimenti ai RLS Giovanni Gigantino e Giuseppe Grillo per la tenacia dimostrata!
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25 novembre 2007

L'ANTITRUST VUOLE LA CONCORRENZA SUL COSTO DEL LAVORO:
NON VUOLE LA CLAUSOLA SOCIALE E DIFENDE I PREDONI DEI BINARI.

SAPEVAMO GIA' CHE L'AUTORITA' COSIDDETTA "GARANTE PER LA CONCORRENZA" NON FOSSE UNO STRUMENTO DI TUTELA PER I CITTADINI E I LAVORATORI MA NON PENSAVAMO POTESSE MAI SCIVOLARE VERSO UNA POSIZIONE COSI' SCANDALOSA. E' EVIDENTE CHE L'ANITRUST E' IN BALIA DELLA POTENTE LOBBY DELLE AZIENDE CHE HANNO ADOCCHIATO IL BUSINNESS DEL TRASPORTO FERROVIARIO. INFATTI NON ESITA A SCAGLIARSI CONTRO I LAVORATORI NEGANDO CHE OGNI SETTORE MERCEOLOGICO DEBBA AVERE UN CONTRATTO SPECIFICO, PROPRIO PER EVITARE LA CONCORRENZA SULLA LORO PELLE. E' UN INTERVENTO PARADOSSALE, IN UN MOMENTO DELICATISSIMO PER LE FERROVIE ITALIANE E PER TUTTI I LAVORATORI DEL SETTORE, IN CUI L'EMENDAMENTO CONCORDATO DAL GOVERNO (BIANCHI E LETTA) CON I SINDACATI, PER LA CLAUSOLA SOCIALE, E' OGGI RIMESSO IN FORSE A CAUSA DI CONTRASTI NEL GOVERNO STESSO. SOLO A SEGUITO DI QUELL'IMPEGNO DEL GOVERNO E' STATO REVOCATO LO SCIOPERO NAZIONALE DEI FERROVIERI DELLO SCORSO 21 LUGLIO. COL SUO PARERE L'ANTITRUST SOSTIENE - SENZA VERGOGNA - CHE PER FARSI LA CONCORRENZA SUI BINARI, LE NUOVE COMPAGNIE FERROVIARIE DEVONO AVERE LA LIBERTA' DI TRATTARE I LAVORATORI COME MEGLIO CREDONO, MENTRE UN CONTRATTO UNICO GLIELO IMPEDIREBBE. TUTTI SAREBBERO CAPACI A FARE CONCORENZA PAGANDO META' STIPENDI A I DIPENDENTI: LA CONCORRENZA VERA SUI BINARI NON CI POTRA' ESSERE MAI, E COMUNQUE, AL CONTRARIO, ESSA SI ATTUA EVENTUALMENTE CON UNA MIGLIORE ORGANIZZAZIONE, CON L'INNOVAZIONE E GLI INVESTIMENTI, NON CERTO RISPARMIANDO SUL COSTO DEL LAVORO. QUELLA SI CHE SAREBBE CONCORRENZA SLEALE !
LA POSIZIONE DELL'ANTITRUST E' UN ATTACCO GENERALE A TUTTI I LAVORATORI ED AL CONCETTO STESSO DI CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE; SE PASSA PER I FERROVIERI L'IDEA CHE NON DEBBA ESSERCI UN CONTRATTO DI RIFERIMENTO POTREBBE VALERE ANCHE PER GLI EDILI, I METALMECCANICI, I CHIMICI E TUTTI GLI ALTRI.
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FERROVIE: ANTITRUST,CONTRATTO LAVORO UNICO VIOLA CONCORRENZA. PER NUOVI OPERATORI TROPPO ONEROSO CONTRATTO ADDETTI TRENITALIA (ANSA) - ROMA, 23 NOV - Non garantisce la concorrenza l'eventuale imposizione alle nuove imprese ferroviarie di un contratto di lavoro unico 'nella sostanza molto simile a quello applicato dall'ex monopolista Trenitalia'. A stigmatizzarlo e' l'Autorita' Antitrust nell'ultimo Bollettino, a proposito di un emendamento governativo, d'intesa con i sindacati, al Ddl liberalizzazioni e relativo all'applicazione del contratto nazionale del lavoro alle imprese ferroviarie che operano sul territorio nazionale.
'Per il rilascio e il mantenimento della licenza e del certificato di sicurezza - recita infatti l'emendamento oggetto delle osservazioni dell'Antitrust - e' necessaria l'applicazione, da parte dell'impresa ferroviaria, del contratto collettivo nazionale per i lavoratori addetti al settore delle attività ferroviarie e dei servizi connessi, stipulato dalle organizzazione sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparabilmente piú rappresentative a livello nazionale'. Cosi', per effetto di tale emendamento voluto dalle organizzazioni sindacali, le imprese ferroviarie, al fine di ottenere le necessarie autorizzazioni alla propria attivita', dovrebbero applicare nei confronti dei dipendenti il contratto collettivo dei ferrovieri, il quale diventerebbe pertanto obbligatorio, osserva l'Autorita' garante della concorrenza e del mercato. Soffermandosi sulle ricadute sull'aspetto concorrenziale del settore ferroviario, l'Antitrust rileva come 'la questione rivesta un'importanza cruciale per determinare il livello dei costi al quale potranno operare i concorrenti di Trenitalia, oltre che lo stesso operatore dominante. Del resto, l'imposizione per legge dell'adozione di un determinato tipo di contratto di lavoro, pena la decadenza dalla licenza e dal certificato di sicurezza indispensabili per operare come impresa ferroviaria, appare eventualmente piú appropriata per i soli aspetti del contratto che producono effetti sulla sicurezza dei trasporti, piuttosto che anche a quelli meramente economici'. L'intervento dell'Autorita' - la quale auspica che le sue osservazioni siano prese in considerazione nelle valutazione dell'emendamento - e' dovuto al timore che la norma 'possa ridurre la concorrenza nel settore, appena liberalizzato, laddove risultasse idonea ad imporre ai nuovi entranti di pagare un fattore produttivo di primaria importanza quale il lavoro ad un prezzo simile a quello sopportato fino ad oggi solamente dall'ex monopolista, il quale tuttavia operava in assenza di qualsivoglia pressione competitiva'.
'Suscita timori per le prospettive competitive del settore, la circostanza - ribadisce l'organismo di vigilanza - che il contratto unico eventualmente imposto alle imprese ferroviarie possa nella sostanza essere molto simile, in termini di costo complessivo del lavoro, a quello applicato dall'ex monopolista Trenitalia, non sembrando questa eventualità lo strumento piú adeguato per garantire la tutela della concorrenza. Diversamente, un nuovo contratto nazionale sostanzialmente diverso da quello applicato dal gruppo Ferrovie dello Stato, lasciando piu' spazio alla contrattazione integrativa a livello aziendale, meglio si adatterebbe alle caratteristiche dei nuovi entranti ed alla nuova struttura del settore'.(ANSA).

21 novembre 2007 (2)

A fine 2008 le norme della Ue bloccheranno altri locomotori ritenuti non più idonei
ANDREA ROSSI, TORINO - Il Rhône Alpes dista poco più di cento chilometri da Torino. Per certi aspetti sembra un altro pianeta. A Grenoble e dintorni, quando si è sfortunati, si viaggia trainati da una motrice fabbricata nel 1988. Caso raro: oltralpe, per lo più, i treni regionali sono marchiati 1997, 1999 e 2002. E infatti vanno a meraviglia. Da noi, in Piemonte, capita ancora di salire a bordo di convogli datati 1965 o 1974. Macchine che hanno percorso qualche milione di chilometri e, non a caso, spesso sono ferme in officina. Alla veneranda età di 40 anni non sono arrivate in molte, e quelle poche saranno presto eliminate, anche perché l’Europa presto ci vieterà di utilizzarle ancora. L’età media, tuttavia, resta alta, sopra i 20 anni. In Piemonte ci sono 248 motrici. Quelle costruite di recente, dopo il 1995, non arrivano a 90, contando anche i venticinque «Minuetto» ritirati dalla circolazione oltre un mese fa per «problemi tecnici». Tutte le altre – e sono più di 160 – sono uscite dalle officine prima del 1985. Certo, un locomotore non è un’automobile. Macina in un anno i chilometri che una vettura percorre in un’intera vita. Però, con il passare degli anni, l’usura si fa sentire. L’affidabilità diminuisce, gli standard di sicurezza si fanno sempre più antiquati. E spesso è necessario fermarsi ai box, per un lifting o per le grandi riparazioni. Ogni giorno, dei 248 convogli piemontesi, quasi uno su quattro resta fermo. Alcune motrici rimangono nei depositi come riserve, pronte a entrare in azione in caso di guasti ai convogli circolanti; altre si sottopongono alle manutenzioni di routine. Infine ci sono quelle che hanno bisogno del meccanico. L’ultimo grattacapo è arrivato alla fine degli Anni 90, con le norme europee per la certificazione della sicurezza delle macchine. A fine 2008 quelle direttive comunitarie saranno vincolanti. E 75 motrici in forza alle Ferrovie piemontesi dovranno andare in pensione: sono tutte in servizio da almeno un ventennio e, in certi casi, da 40 anni. Il motivo è semplice: non sono dotate dei dispositivi di sicurezza a bordo Scmt (il sistema che controlla in tempo reale velocità, caratteristiche della linea e del treno e le mostra su un monitor al macchinista). Molte di quelle che resteranno in servizio non se la passano tanto meglio. Alcune sono al centro di una contesa tra i macchinisti e l’azienda, che vorrebbe istituire la figura del «guidatore unico». Un sostanzioso risparmio di personale, se non fosse che su tutte le locomotrici costruite prima del 1985 – e quindi la maggior parte di quelle oggi in servizio – le operazioni sulle apparecchiature guaste si effettuano in sala macchine. Non in cabina di guida, il che significa un macchinista sul ponte di comando e uno a spasso per il treno a cercare il guasto, aprire portelloni, azionare leve e pigiare bottoni. È anche una questione di uniformità: prima, i criteri di fabbricazione delle motrici non erano standard. E, non di rado, lo stesso componente – una leva, un pulsante – su treni diversi si trovava in posizioni differenti. Un bel rompicapo, per i macchinisti. Un rischio di ritardi sempre in agguato per i passeggeri. Qualche settimana fa – mentre si discuteva già dell’ulteriore rincaro delle tariffe poi confermato lunedì - l’associazione Altroconsumo ha pubblicato i risultati di un’indagine sulle principali stazioni italiane. Il responso è uno schiaffo a Torino Porta Nuova, ultima per puntualità dei treni: 33 su cento in orario, tutti gli altri in ritardo o soppressi. Sarà colpa delle linee intasate da troppi convogli. Oppure, come sostengono i sindacati, anche di un parco macchine obsoleto, dove i guasti sono all’ordine del giorno.
(fonte: La Stampa)

21 novembre 2007

TARANTO - Un dipendente di Ferrovie dello Stato, Luciano Cito, di 53 anni, di Putignano (Bari), è morto in un incidente sul lavoro avvenuto a Taranto.
Per cause in corso d’accertamento, l’uomo è precipitato al suolo da un ponteggio mentre lavorava in un capannone dell’officina di Punta Rotondella, nei pressi della stazione ferroviaria. A prestare i primi soccorsi sono stati i compagni di lavoro; poi l’uomo è stato condotto con un’ambulanza del 118 all’ospedale Santissima Annunziata, dove è morto dopo qualche ora per i traumi riportati senza riprendere conoscenza.
(fonte: www.lagazzettadelmezzogiorno.it)

16 novembre 2007

Scontro fra treni a Lecco: forse errore umano.
(AGI) - Lecco, 16 nov. - Un errore umano. Questa l'ipotesi che sembra prevalere per dare una prima spiegazione all'incidente ferroviario avvenuto nella tarda serata di ieri nei pressi della stazione di Valmadrera, vicino a Lecco, dove sono rimaste ferite sette persone, una delle quali in modo piuttosto grave tanto da essere ricoverata all'ospedale 'Manzoni' di Lecco con prognosi riservata. Questa mattina tecnici delle Ferrovie, che apriranno un'inchiesta interna, dei Vigili del fuoco e inquirenti hanno compiuto un sopralluogo per ricostruire la dinamica: l'impatto e' avvenuto fra due treni adibiti alla manutenzione dei binari. Uno era in fase di manovra nei pressi della stazione, mentre l'altro proveniva da Lecco e viaggiava a una velocita' di circa 40 chilometri orari. Nel violento impatto sono rimasti feriti cinque operai a bordo dei convogli, un macchinista e un altro dipendente delle Fs che si trovava a terra ma piuttosto vicino al punto dello schianto. Il tratto di linea ferroviaria Lecco-Molteno Monza, da diversi giorni e' interessato da lavori che vengono eseguiti in notturna per consentire libero movimento ai treni cantiere i cui macchinisti avrebbero dovuto comunicare tra loro via radio ogni spostamento. La Procura di Lecco, che ha gia' aperto un fascicolo d'inchiesta nei prossimi giorni potrebbe anche inviare alcuni avvisi di garanzia. (AGI)

15 novembre 2007

PER IL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE
DEL FERROVIERE MASSIMO ROMANO


OGGI 15 NOVEMBRE 2007 RICORRE IL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI MASSIMO ROMANO, IL FERROVIERE DI AVELLINO INVESTITO DAL TRENO MENTRE LAVORAVA SUI BINARI DELLA LINEA ROMA-FARA SABINA NEI PRESSI DI MONTEROTONDO.
IN AZIENDA DI QUELLA TRAGEDIA SI CONTINUA A SAPERE POCO O NULLA, ED ANCHE SE L’INCHIESTA DELLA MAGISTRATURA E’ ANCORA IN ATTO, AD UN ANNO DI DISTANZA SI STA VERIFICANDO CIO’ CHE QUALCUNO HA TEMUTO FIN DALL’INIZIO: ESSA STA FINENDO NELL’OBLIO!
INTANTO ALTRI GRAVI INCIDENTI SI SONO VERIFICATI TRA I FERROVIERI:
CAPI TRENO RIMASTI INCASTRATI TRA LE PORTE E TRASCINATI FIN SOTTO LE RUOTE DEL TRENO, OPERATORI DELLA MANUTENZIONE INVESTITI DA CARRELLI O DA ALTRI MEZZI CIRCOLANTI SUI BINARI DURANTE I CANTIERI, MACCHINISTI SCHIANTATI DENTRO LE CABINE DI GUIDA DEI TRENI.
SEMPRE PIU’ L’INSICUREZZA SUL LAVORO SI ESTENDE, A CERCHI CONCENTRICI, DALLE PICCOLE REALTA’ MENO TUTELATE ALLE GRANDI IMPRESE DAI GRANDI PROFITTI, E LE FERROVIE NON SONO ESCLUSE DA QUESTO PROCESSO.
LE VARIE RISTRUTTURAZIONI DELL’ASSETTO GIURIDICO E SOCIETARIO DI FS, HANNO FATTO DELLA PIU’ GRANDE IMPRESA PUBBLICA DEL PAESE, UNO SPEZZATINO DI SOCIETA’ PRIVATE, NEL CUI BRODO LE TUTELE DEI LAVORATORI SI STANNO VIA VIA SCIOGLIENDO.
IL “COMITATO PER VERITA’ SULLA MORTE DEL FERROVIERE MASSIMO ROMANO“, SI E’ FORMATO ALL’INDOMANI DI QUEL TRAGICO 15 NOVEMBRE 2006 PER VOLONTA’ DI ALCUNI SUOI COMPAGNI DI LAVORO CHE, FIUTANDO UN ATTEGGIAMENTO OMERTOSO AI VARI LIVELLI DELL’AZIENDA, HANNO COSI’ VOLUTO METTERE LA SUA STORIA AL RIPARO DALLE NEBBIE DELL’OBLIO IN TUTTI QUESTI MESI IL “COMITATO PER LA VERITA’…”, HA PORTATO LA SUA TESTIMONIANZA IN CONVEGNI,ASSEMBLEE, E IN OGNI LUOGO IN CUI SI PARLASSE DI SICUREZZA E MORTI SUL LAVORO, PROMUOVENDO ESSO STESSO MOMENTI DI DISCUSSIONE DENTRO E FUORI IL COMPARTO FERROVIARIO E AMPLIANDO IL NUMERO DELLE ADESIONI, CHE OGGI SONO CENTINAIA, TRA FERROVIERI E NON.
OGGI 15 NOVEMBRE 2007 IL “COMITATO PER LA VERITA’…” ESORTA TUTTI I FERROVIERI AD UN MOMENTO DI RIFLESSIONE SULLA TRAGEDIA TOCCATA A MASSIMO E ALLA SUA FAMIGLIA.
UNA GIORNATA DEDICATA ALLA SUA MEMORIA AFFINCHE’ IL TEMPO CHE PASSA NON CANCELLI DALLE MENTI LA NECESSITA' DI FARE MASSIMA CHIAREZZA SU QUEL TRAGICO 15 NOVEMBRE DELLO SCORSO ANNO.

COMITATO PER LA VERITA SULLA MORTE DEL FERROVIERE MASSIMO ROMANO
Visita lo spazio web dedicato.

14 novembre 2007

Muore un macchinista, in seguito ad un malore.
Mercoledi 14 u.s. intorno alle ore 21 circa il collega macchinista Cordara Franco dell'impianto Cargo di Novi San Bovo mentre era alla guida del treno 54331/2 in stazione di Genova Sampierdarena accusava un malore. Il suo collega di turno, accortosi del malore, decideva di continuare la corsa del treno per altri 300 metri circa per fermarsi all'altezza dell'ingresso del Deposito Locomotive di Genova Rivarolo.
Qui, auto-medica e ambulanza, preventivamente allertati, potevano facilmente prestare soccorso.
Nonostante gli sforzi dei soccorritori del 118, il collega purtroppoè deceduto quasi subito.
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Di seguito riportiamo un commento dell'RLS Giovanni Papi di Trento.
Riflettiamoci sopra.
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SULLA MORTE NON SI DOVREBBE MAI POLEMIZZARE......
VOGLIO PERÒ PENSARE AD UN TRENO AD AGENTE UNICO (anzichè a doppio agente) DOVE IL CAPOTRENO NON È IN GRADO DI CONDURRE IL TRENO IN UN PUNTO FACILMENTE RAGGIUNGIBILE DAI SOCCORSI.
PURTROPPO IN QUESTA PARTICOLARE SITUAZIONE NÈ IL TEMPESTIVO INTERVENTO DEL COLLEGA NÈ L'IMMEDIATO INTERVENTO DEI SOCCORSI HANNO POTUTO SALVARE LA VITA DEL NOSTRO CARO COLLEGA FRANCO CORDARA.
É UN DOVERE COMINCIARE A PENSARE ALLE CONSEGUENZE CHE NEL TEMPO POTRÀ AVERE L'AGENTE UNICO OGGI E L'AGENTE SOLO DOMANI.
BUON LAVORO - PAPI
(RLS) Trento

12 novembre 2007

Accesso da parte del personale di condotta
all'imperiale dei rotabili in linea

(a cura di DISQS - 7 novembre 2007) + volantino di "ancora IN MARCIA!"

Tutela legale al personale ferroviario vittima di aggressioni
(Scarica la Comunicazione Organizzativa n° 132/AD del 5 novembre 2007)

9 novembre 2007

17 novembre 2007 - Incontro di studio
INNOVAZIONI NEL TRASPORTO FERROVIARIO E SICUREZZA SUL LAVORO:
L’APPLICAZIONE DEL D.M. N. 388/2003 AL PERSONALE A BORDO TRENO

- UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI URBINO “CARLO BO”
- FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA
- OLYMPUS
- OSSERVATORIO PER IL MONITORAGGIO PERMANENTE DELLA LEGISLAZIONE E GIURISPRUDENZA SULLA SICUREZZA DEL LAVORO
con il patrocinio di Or. S.A. Ferrovie.
Sabato, 17 novembre 2007, ore 10.00
Aula Magna di Palazzo Battiferri - Via Saffi, 42 - Urbino

Presentazione della ricerca:
“Riflessioni sulla gestione delle procedure di pronto soccorso aziendale per gli operatori a bordo treno” - Luciano ANGELINI
Tavola rotonda
“Innovazioni nel trasporto ferroviario e sicurezza sul lavoro"
coordina:
Paolo PASCUCCI
partecipano:
Beniamino DEIDDA, Michele Mario ELIA, Alberto CHIOVELLI,
Marco MASI, Giuseppe PETRIOLI, Alberto ANDREANI
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Segreteria organizzativa:
avv. Arianna Arganese • e-mail: avv.arganese@studiolegalearganese.it info: http://www.uniurb.it/olympus
Fabio Riberti • e-mail: fabioriberti@sindacatoorsa.it info: http//www.sindacatoorsa.it
dott.ssa Alessandra Cupparoni - Facoltà di Giurisprudenza - tel.: 0722.303205
Scarica e diffondi la locandina e l'invito.

20 ottobre 2007

Chi non è venuto ha perso un treno. I ferrovieri in piazza!
Ma ha tempo (poco) per recuperare. Chi si è messo contro, invece, ha probabilmente perso il polso del paese, di questa gente che lavora ogni giorno o ha lavorato una vita.
Il «divieto» fatto circolare dal Dipartimento organizzazione della Cgil non ha avuto alcun effetto. Centinaia di bandiere del sindacato storico della sinistra spuntavano a ogni angolo del corteo. L'area programmatica Lavoro Società ha scelto di farsi vedere davvero, mettendo in campo un camion, qualche migliaio di pettorine gialle «contro il lavoro nero e precario» e l'orgoglio di una componente rilevante della stessa maggioranza che regge la confederazione. Ma non sembra che l'ala «democratica» della segreteria sia stata resa più ragionevole dalla forza dei numeri. La segretaria confederale Carla Cantone ha parlato poi di «sfida alle regole», minacciando che «anche di questo si discuterà al direttivo che comincia lunedì».
Le persone che fanno vivere il sindacato e che ieri erano in piazza sono decisamente più mature, attente al merito e non sopportano diktat. Abbiamo avvicinato un ragazzo che reggeva la bandiera con la scritta «Cgil Campania», 25 anni, operaio alla Fiat di Pomigliano d'Arco. Alla domanda finto-scherzosa sul «divieto» ha risposto con la serietà di un veterano: «Io mi alzo ogni mattina alle tre per andare a lavorare. Sono io la Cgil. Credo che Epifani abbia preso un abbaglio; e che stiamo, anche con questa manifestazione, salvando la Cgil da una deriva pericolosa».
Pomigliano è una fabbrica «giovane», età media 28 anni. Qui il «no» alla consultazione ha preso il 90%. «Sì, siamo quasi tutti giovani, ma uno su due è precario e si lotta per la sopravvivenza». Che poi vuol dire una cosa semplice: «Chi ha un contratto fisso sa che chi gli sta a fianco probabilmente non ci sarà tra tre mesi; e quindi non gli può chiedere che faccia la tua stessa quantità di lavoro. E quindi noi 'garantiti' lavoriamo di più, ma loro non sanno mai se il contratto a tempo gli sarà rinnovato oppure no».
I ferrovieri hanno molta esperienza e hanno portato una piccola locomotiva finta che manda un fumo infernale, davanti allo striscione «No precari sui binari». Sembra assurdo, ma ci sono «apprendisti» che portano il treno da soli, senza neppure un macchinista esperto al loro fianco. Il guadagno per le Fs è tutto economico: «Un apprendista costa il 30% in meno di salario e il 90% in meno di contributi». Sulla situazione politica hanno le idee chiare: «Tutte le mediazioni politiche su lavoro e welfare erano state fatte con il programma dell'Unione, quello era il punto di equilibrio per tutti; non se ne possono fare altre, cedere ancora».
Un gruppetto di giovani operai della Watsila di Trieste la vedono «male, malissimo. Ormai ci sentiamo anche un po' presi per il culo dalla nostra stessa confederazione». Al centro della critica sta il protocollo sul welfare, venduto come «un passo avanti per i giovani». Ma a loro non risulta proprio. Anzi, vi vedono «un attacco alla contrattazione nazionale, oltre che il solito gioco di tentare di mettere giovani contro vecchi». Sentono di «lavorare per sopravvivere» e pensano che la prima difesa sia «aumentare il potere d'acquisto, i salari».
Due ragazze di Lecce con la pettorina gialla sono invece studentesse a Roma. «Non ci sta bene niente, l'università ha pochi soldi per le borse di studio e noi finiamo dentro il lavoro nero; facciamo le cameriere nei pub e nei ristoranti, dove capita». Qualche striscione anche per la Rete28Aprile, l'area programmatica di Giorgio Cremaschi. Qui stiamo tra quadri sindacali esperti, ancora con lo sguardo sui risultati del «referendum» e sui conti che a loro non tornano. Ma che ricordano «il voto delle grandi fabbriche del nord», che è «la base per costruire una svolta sindacale, ma anche politica a sinistra».
Si galleggia avanti e indietro in un corteo «indisciplinato», con la gente che sorpassa la «testa» aggirandola dai marciapiedi o tagliando direttamente per vie traverse. Gianni Rinaldini, segretario generale della «ribelle» Fiom, sorride e non vuole aggiungere nulla a quello che si vede e sente. «Stai a sentire chi lavora, oggi, mi sembra abbiano molto da dire».
Un ragazzo con la bandiera della Filcams Cgil se ne va in cerca dei suoi. «Siamo venuti da Trento in duecento. Mi pare che ci sia un risveglio di coscienza, che è più importante del motivo per cui ci siamo mossi. Stiamo smettendo di pensare che qualcuno ci regali qualcosa; bisogna smettere di piangersi addosso, perché nessuno ti aiuta. Se hai qualcosa da pretendere, ti devi muovere in prima persona».
La bandiera Cgil Como attira lo sguardo. «Non sopportiamo padroni in ditta, figuriamoci nel sindacato. E poi Epifani non è il padrone della Cgil. Sono 37 anni che faccio il sindacato, l'abbiamo fatto diventare grande noi. E nessuno ci aveva mai chiesto di non portare le nostre bandiere con noi». E insieme agli altri ci tiene a far sapere che sono la rsu dell'Spt (i trasporti pubblici). Poco più indietro sventolano le scritte «funzione pubblica», con quadri che ironizzano sull'«esercizio provvisorio» (se il governo va in crisi) come un modo «di non darci nemmeno quei 101 euro del contratto». Non manca la scuola, e un docente che ci chiede quanti siamo. «Trecentomila, secondo la questura», rispondo. Sorride. «Secondo la regola aurea fissata per lo sbarco dei 1.000 a Marsala - quando la questura di Roma stabilì che erano solo 330 - possiamo anche dire di essere un milione». Ah, la storia... Se non la sai, ti sembra sempre tutto «nuovo».
Un delegato di Melfi sta seduto sotto il palco. Ragiona con pacatezza, senza slogan. Ma «quando fai una riforma sociale così importante (il protocollo, ndr) bisogna tener conto del parere dei lavoratori; e quelli che producono la ricchezza hanno detto chiaramente come la pensano». A Melfi il «no» ha avuto l'80%, anche se la Fiom ha solo il 20. E poi «è riduttivo parlare di 'aumento della vita media'; per chi sta alla catena non è aumentata per niente». E basta accontentare le imprese, che «vogliono sempre più produttività, aumentando i ritmi». A Melfi «su 5.000 lavoratori ancora giovani, sono più di 1.000 quelli che hanno riportato fin qui limitazioni fisiche». Grazie al Tmc2, il sistema messo sotto inchiesta da Guariniello («in quel processo la Fiat è andata al patteggiamento, che è un'ammissione di colpevolezza»).
Ed è lui a tracciare un po' il quadro di come vengono viste le «alte sfere» della politica (sindacato compreso) dai lavoratori ieri in piazza. «La Cgil sta cercando di sostenere il governo fin quasi all'estremo. Ma anche se si arrivasse a fine mandato - Mastella permettendo - i lavoratori non voterebbero più quei partiti; e noi resteremmo anche senza quella forza di avanzamento, il sindacato, che ci ha permesso di fare la storia di questo paese». Dopo il corteo di ieri, però, c'è forse qualche margine di risposta in più.

(fonte: Francesco Piccioni - il manifesto, 21 ottobre 2007)
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Guarda alcune foto della manifestazione.

19 ottobre 2007

Assemblea Nazionale Personale di Bordo
6 novembre 2007 - ore 10:30
Firenze, Saloncino DLF in stazione di Firenze SMN.
La preoccupazione per i continui peggioramenti e per le incerte prospettive del nostro lavoro hanno evidenziato la necessità di aprire una discussione tra il personale di bordo sui problemi specifici della nostra qualifica e
quelle più generali di tutta la categoria. A seguito di alcune iniziative spontanee di alcuni colleghi di Milano e di un incontro avvenuto a livorno il 28 settembre si è ritenuto necessario ed opportuno allargare la discussione sui problemi specifici del viaggiante attraverso un iniziativa più partecipata. IL 6 NOVEMBRE A FIRENZE (salone dlf sotto al viaggiante) SI TERRA'UN'ASSEMBLEA NAZIONALE DEL PERSONALE DI BORDO; si tratteranno tra l’altro PROBLEMATICHE DI SICUREZZA con particolare riguardo agli infortuni causati dalle porte,alla disposizione 21/2007 di RFI,alle aggressioni, al diritto al pasto; ORARIO DI LAVORO in previsione del prossimo CCNL.
Verrà proiettato "ANTONIO FERROVIERE" (cortometraggio presentato ad una rassegna ANMIL sulla vicenda di Antonio Di Luccio, il nostro collega - che sarà presente - che a Piacenza è rimasto gravemente infortunato a causa del malfunzionamento di una porta del treno).
Partecipiamo numerosi cercando di coinvolgere anche i delegati.

19 ottobre 2007

9 NOVEMBRE: SCIOPERO GENERALE. ANCHE I FERROVIERI ADERISCONO.  
La CUB Trasporti aderisce allo sciopero generale nazionale indetto da CUB, A.L.Cobas, USI, Cib-Unicobas, SdL intercategoriale, Slai Cobas e Confederazione Cobas per il 09/11/2007 contro l’accordo su precarietà, welfare e pensioni del 23/07/2007, per la redistribuzione del reddito, per la difesa ed il rilancio del sistema previdenziale pubblico e dello stato sociale (scuola, sanità, trasporti, casa, ecc.), per salari europei e l’aggancio delle pensioni alle dinamiche inflattive e retributive, per rinnovi contrattuali veri, la tutela del reddito, contro le spese militari e la guerra.
Scarica l'informativa completa.

18 ottobre 2007

Viva la lotta dei ferrovieri francesi!
Oggi, 18 ottobre 2007, la Francia è stata paralizzata dal grande sciopero dei ferrovieri contro la riforma delle pensioni promossa dal Presidente Sarkozy.
L'aumento dell'età pensionabile e la chiusura del fondo speciale per i ferrovieri sono stati fermamente respinti dall'intero fronte sindacale.
Viva la lotta dei ferrovieri francesi.
No alle riforme infinite del sistema pensionistico.
Siamo solidali con i nostri colleghi e con il sindacato SUD Rail, avanguardia di queste battaglie per la solidarietà e le protezioni sociali.
Leggi l'informativa su www.sudrail.org (in francese). Il testo che segue è il risultato (abbastanza buono) della traduzione dal francese avvenuta utilizzando il servizio offerto da www.worldlingo.com.
Leggi anche su www.lastampa.it.
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Sciopero storico alla Sncf
Le cifre di percussori confermano ciò che dicevamo da molti giorni, lo sciopero del 18 ottobre conosce una partecipazione storica: 75% di percussori tenendo presente ogni collegio a livello nazionale.
Sédentaires e mobili, esecuzione, controllo e quadri: ovunque il numero di percussori è più importante da decine di anni. Siamo al 10% sopra i più forti giorni del 1995!
Sarebbe un pasticcio terribile che di fermare in queste condizioni. La federazione dei sindacati Sud-barra chiama a proseguire il movimento.
I percussori decidono il loro sciopero in assemblee generali! Le assemblee generali che si sono tenute questa mattina hanno conosciuto una forte partecipazione. Quasi tutte hanno votato il rinnovo.
L'unità sindacale si realizza sul campo!

16 ottobre 2007

Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie
Roma – E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 234, 8 ottobre 2007 - il Decreto legislativo del 10 Agosto 2007, n. 162, di attuazione delle direttive 2004/49/CE e 2004/51/CE relative alla sicurezza e allo sviluppo delle ferrovie comunitarie. In estrema sintesi, tale decreto disciplina le condizioni di sicurezza per l'accesso al mercato dei servizi ferroviari ed ha l'obiettivo del mantenimento e miglioramento della sicurezza del sistema ferroviario italiano, mediante: a) l'adeguamento della struttura normativa nazionale con quella comunitaria; b) l'adozione degli obiettivi comuni di sicurezza e dei metodi comuni di sicurezza; c) l'individuazione di un organismo nazionale per la sicurezza e di un organismo investigativo per effettuare indagini sugli incidenti ed inconvenienti ferroviari; d) l'assegnazione dei compiti e delle competenze ai suddetti organismi e la ripartizione delle responsabilità fra i soggetti interessati. Il Decreto istituisce con sede in Firenze, l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie. Per le infrastrutture transfrontaliere specializzate i compiti di Autorità preposta alla sicurezza sono affidati, a seguito di apposite convenzioni internazionali, all'Agenzia, all'Autorità per la sicurezza ferroviaria del Paese limitrofo o ad apposito organismo binazionale.
Scarica il testo della legge.

15 ottobre 2007

I macchinisti tedeschi.
NONOSTANTE IL TENTATIVO DI ACCERCHIAMENTO E DI DENIGRAZIONE DA PARTE DELL'AZIENDA FERROVIARIA - SUPPORTATA DALLA STAMPA E DAI SINDACATI CONCERTATIVI - I MACCHINISTI TEDESCHI HANNO CONQUISTATO LE SIMPATIE DELL'OPINIONE PUBBLICA E DEI VIAGGIATORI E PROSEGUONO LA LORO VERTENZA PER MIGLIORI CONDIZIONI DI LAVORO.
LE ULTIME NOTIZIE DICONO CHE HANNO RESPINTO L'OFFERTA AZIENDALE.
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Germania: sindacato macchinisti boccia ultima offerta Ferrovie
(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Berlino, 15 ott - Il sindacato dei macchinisti tedeschi Gdl ha respinto l'ultima offerta per il rinnovo del contratto presentata questa mattina da Deutsche Bahn, l'Ente ferrovie tedesche, definendola "insufficiente" e "senza nessun elemento di novita'". Il pacchetto prevedeva un aumento in busta paga del 10% e un bonus da 2mila euro per il 2007 oltre alla concessione di un contratto collettivo specifico. Secondo il sindacato, il contratto non offrirebbe delle reali garanzie di autonomia rispetto agli altri due sindacati del settore, il cui contratto e' gia' stato rinnovato l'estate scorsa.
Red-mir-
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QUESTA ERA L'ULTIMA OFFERTA DELLE DB:
Germania: Deutsche Bahn offre contratto separato a macchinisti
Con un aumento salariale del 10% e un bonus da 2mila euro
(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Berlino, 15 ott - Deutsche Bahn, l'Ente ferrovie tedesche, ha presentato una nuova offerta al sindacato dei macchinisti Gdl, cedendo sulla richiesta di un contratto di lavoro separato per la categoria cosi' da evitare nuovi scioperi, gia' previsti per questa settimana. Deutsche Bahn ha inoltre confermato l'offerta di un aumento salariale del 10%, contro il 30% chiesto da Gdl e il 4,5% concesso agli altri sindacati del settore, accompagnato da un bonus straordinario di 2mila euro per gli straordinari effettuati nel 2007.

10 ottobre 2007

9 ottobre 2007 - Assemblea Nazionale Macchinisti.
Il DOCUMENTO FINALE DELL'ASSEMBLEA DI FIRENZE DEL 9 OTTOBRE SCORSO.
I MACCHINISTI RIVENDICANO:DEMOCRAZIA SINDACALE, UNITA', CLAUSOLA SOCIALE, SICUREZZA E ASSUNZIONI I macchinisti riuniti in Assemblea a Firenze il giorno 9-10-2007, a seguito di una approfondita discussione sui temi che interessano il mondo del lavoro e quelli specifici del settore ferroviario in questa delicatissima fase, preso atto dell'insufficiente e inadeguato dibattito sul rinnovo contrattuale, rivendicano il diritto ad un ruolo di partecipazione diretta e ad un metodo di discussione trasparente e democratico sulle scelte sindacali che li riguardano materialmente, le quali altrimenti rischiano, come nel recente passato, di essere il frutto di decisioni estranee agli interessi dei lavoratori...continua...
Scarica il documento completo in pdf.

10 ottobre 2007

Assemblea Nazionale Capitreno
Il giorno 28-09-07 ha avuto luogo una riunione a Livorno con la partecipazione di diversi rappresentanti sindacali e autonomi per discutere sulle problematiche di base ed averne una visione su base nazionale.
Punti salienti del confronto:
- POLITICA NAZIONALE DELLA MOBILITA’ PUBBLICA E SUE CONSEGUENZE
- CHIUSURA PORTE ED INCIDENTI CORRELATI
- DIRITTO ALLA SALUTE (ad es. PASTO E DISTRIBUZIONE DEI TICKET)
- SQUADRE DI CONTROLLERIA
- SICUREZZA E TUTELA DELLA SALUTE DEL PERSONALE
- RUOLO DEL CAPOTRENO CON AGENTE SOLO DI CONDOTTA
- TUTELA LEGALE
Scarica il documento completo.

10 ottobre 2007

Il fatto non sussiste!
MR: il fatto non sussiste!CON LE LIMPIDE MOTIVAZIONI CONTENUTE NELLA SENTENZA DI PROSCIOGLIMENTO DEL TRIBUNALE DI BOLOGNA (GIP Dott.ssa V. TECILLA) OTTENIAMO, INSIEME A MIMMO, GIUSTIZIA PIENA. LA BATTAGLIA CONTRO L'UOMO MORTO E' STATA UNA GRANDE DIMOSTRAZIONE DI CONSAPEVOLEZZA DA PARTE DI TUTTI I MACCHINISTI. DI SEGUITO ALCUNI STRALCI DELLA SENTENZA.

Scarica il testo integrale della sentenza, in formato pdf etesto.
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“… la irregolarità del dispositivo vacma (…) impone di qualificare come ‘legittimo’ il rifiuto di condurre il treno ove dal mezzo di trazione non fosse previamente stato rimosso il dispositivo vacma, così come è legittimo il rifiuto del manovale di salire su un ponteggio privo di protezioni; da tale valutazione deriva che quella ‘richiesta/rifiuto’ si è sostanziata nell’esercizio di un diritto, con esclusione dall’antigiuridicità della condotta”
“Il ritardo del treno 9311 di 18 minuti non è addebitabile al conduttore Romeo, dal momento che con la dovuta e necessaria diligenza ha comunicato ai superiori con un preavviso di 19 minuti sulla prevista partenza del treno e prima ancora che il mezzo giungesse in stazione a BOLOGNA CENTRALE, il suo rifiuto di condurre il treno anticipando che detto rifiuto valeva anche in caso di reiterazione dell’ordine (…)”.
“(…) la presenza sul binario 6 del dirigente CANTELLI e del capo-deposito, sono prova del fatto che la protesta sindacale di Romeo non giungeva affatto nuova alla dirigenza di Trenitalia spa, e sono forte indizio del fatto che i superiori erano con buona probabilità già al corrente della protesta che sarebbe stata attuata dal Romeo; tali considerazioni rappresentano come privo di logica il duplice ordine che è seguito al formale avviso dato da Romeo alle 11,45 (…).
P.Q.M.
DICHIARA NON LUOGO A PROCEDERE NEI CONFRONTI DELL'IMPUTATO IN ORDINE AL REATO ASCRITTO PERCHE' IL FATTO NON SUSSISTE.
Bologna, 19-9-2007

4 ottobre 2007

Interrogazione Parlamentare
inoltrata dall'On. Arnold Cassola (Verdi), ai Ministri Bianchi (trasporti) e Di Pietro (infrastrutture) sul sistema di pseudo-sicurezza SCMT.
Al Ministro dei trasporti, al Ministro delle infrastrutture.- Per sapere - premesso che:
i Dirigenti del Gruppo Ferrovie dello Stato forniscono delle indicazioni preoccupanti sul futuro del servizio ferroviario in Italia; e pare che sia necessaria una drastica riduzione del personale per un ammontare di circa 10.000 addetti in un anno, il taglio di molti treni Nord-Sud e di tutti i servizi pendolari non remunerativi con evidente riferimento alle Regioni ed alle aree economicamente più deboli;
il 20 ottobre è stata emanata una direttiva in cui, in presenza di apparecchiature ETCS/SCMT/SSC, si consentiva di rivedere l'organizzazione dell'equipaggio treno introducendo un solo agente (un solo macchinista alla guida dei treni) in virtù di un soddisfacente livello di tecnologia raggiunto negli apparati di sicurezza;
la tipologia di treno più diffusa sul nostro territorio è l'SCMT (acronimo di Sistema di Controllo Marcia Treno) e solo su poche linee risulta interfacciato con altri sistemi preesistenti (Ripetizione Segnali Continua) in modo da garantire un buon livello di sicurezza;
sembrerebbe che su tutte le altre linee la sua funzionalità non sia tale da garantire con continuità il controllo delle condizioni di sicurezza. Per fare un esempio: tra un punto informativo a terra (segnale) ed il successivo, possono intercorrere anche 10 chilometri. In questo spazio qualsiasi cosa accada non viene rilevata dalla apparecchiatura se non il superamento della velocità massima: non si rileva l'indebita occupazione del binario, il crollo di un ponte, la rottura delle rotaie e addirittura il tentativo di un macchinista di bloccare la circolazione in caso di pericolo cortocircuitando i binari;
da questi dati emerge - ad avviso dell'interrogante - che il livello di sicurezza raggiunto non è molto elevato;
dunque la riduzione dei macchinisti significherebbe abbassare esponenzialmente il livello di sicurezza, anche in presenza dei più moderni sistemi di controllo -:
se non ritenga utile valutare la possibilità di rivedere la Direttiva del Ministro dei trasporti succitata che considera l'SCMT e l'SCC come apparecchiature di sicurezza;
se non ritenga opportuno, inoltre, incentivare ulteriormente il trasporto ferroviario al fine di ridurre il traffico ed aumentare i servizi per i cittadini. (4-05113).
Scarica il documento originale direttamente dal sito del Governo, oppure dal sito personale dell'on. Cassola.

7 ottobre 2007

MILANO, 12 OTTOBRE 2007:
L'INFORMAZIONE E I LAVORATORI, I LORO PROBLEMI E LE LORO LOTTE, NEI MASS-MEDIA TRA CENSURA E DISTORSIONE
Venerdì 12 ottobre 2007 ore 15-19.30
Sala auditorium 1S Consiglio Regionale Lombardia

Via Fabio Filzi 27 Milano (zona stazione Centrale)
CONVEGNO
Relazione Coordinamento milanese di solidarietà dalla parte dei lavoratori
Relazioni:Giulietto Chiesa, Giovanna Corsetti, Manuela Cartosio, Andrea Di Stefano (giornalisti), Ezio Gallori (fondatore di Ancora In Marcia!), Luigi Mara (Medicina Democratica), Gianni Cabinato (ACU) .
Intervengono lavoratori stabili, precari, delocalizzati, pendolari.

1 ottobre 2007

TAV: un altro sacrificio umano senza nome
"Quando per lavoro o diletto andremo a 300 all’ora su quei binari non penseremo a questo operaio forse per paura di prendere coscienza di queste tragedie umane che ci costringerebbero a riflettere sul prezzo che i lavoratori pagano alla società ed alle sue esigenze di "sviluppo" e competitività. Proprio come un sacrificio umano a favore delle più moderne divinità...leggi tutto... Così invece per questa morte restano solo un lancio di agenzia come altri mille, un fascicolo (forse) in procura e una dichiarazione sindacale fotocopiata, che celano il volto di una persona, la sua storia, il dolore e l’angoscia dei suoi cari. Non sapremo mai quale futuro sognava e non ci sarà posto per lui nella nostra memoria. Signori operatori dell'informazione, non infierite su questi morti con la vostra superficialità; signori magistrati, non lasciate che si continui a morire così; signori funzionari sindacali, ai comunicati stampa fate seguire iniziative efficaci. D’altra parte Cavet, come tutti gli altri, non faranno mai volontariamente tutto il necessario se non sollecitati e costretti."
Dante De Angelis - macchinista, Rls Trenitalia
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Abbiamo saputo che l'operaio morto nel cantiere TAV si chiamava Franco Roggio.
Sui tanti morti nei cantieri dell'alta velocità, continuano raccogliere notizie e testimonianze i curatori del sito
www.associazioni.comune.firenze.it/idra/ che vi invitiamo a visitare.

1 ottobre 2007

Scarica il 626 in ipertesto (formato help)
elaborato da Antonio Taddeo,  Tecnico della Prevenzione ed Addetto Servizio Prevenzione e Protezione presso l'Azienda USL 6 Livorno.
Per saperne di più su Antonio Taddeo e sul suo lavoro (per il quale non lo ringrazieremo mai abbastanza) vi invitiamo a visitare il suo sito.

27 agosto 2007

Pubblichiamo il testo del DLgs 626/94
aggiornato con le modifiche apportate dalla legge 1 agosto 2007, n° 123. Scarica il testo del "nuovo" 626 dal sito www.conarls.it

16 luglio 2007

Firenze, 16 luglio 2007 - Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria.
Si è tenuta presso l'auditorium del Consiglio Regionale della Toscana, in via Cavour, un convegno sulla nascita dell'Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria.
Al convegno era presente, fra gli altri, il Ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi.
Era pure presente una folta rappresentanza di lavoratori delle ferrovie che hanno inscenato una pacifica manifestazione all'ingresso dell'edificio del Consiglio Regionale, muniti di sagome di "bare" - in ricordo dei 54 macchinisti morti sul lavoro - e di cartelli che denunciavano il mancato intervento di Trenitalia per la soluzione delle problematiche relative alle aggressioni che, con frequenza preoccupante, il personale viaggiante subisce in continuazione a bordo dei treni, aggressioni che spesso provocano lesioni a chi, in fondo, sui treni tenta di compiere il proprio dovere e di sopperire alle lacune dell'azienda, peraltro riconosciute anche dal Ministro Bianchi durante il proprio intervento alla numerosa (e, forse, inaspettata) platea che ha animato il convegno.
Guarda alcune foto dell'evento e scarica lo schema di dlgs istitutivo dell'Agenzia.

10 luglio 2007

Agente Unico? No, grazie!
Il Giudice del Lavoro di Grosseto respinge il ricorso di Trenitalia.
Il Tribunale di Grosseto (Giudice del Lavoro) ha respinto il ricorso di Trenitalia di impugnazione dei lodi arbitrali che, sulla vicenda dell'Agente Unico, aveva visto la DPL di Grosseto annullare le sanzioni a carico di due macchinisti toscani che si erano rifiutati di eseguire una prestazione lavorativa con tale equipaggio macchina.
Le spese del giudizio sono state completamente caricate sull'azienda. La costituzione in giudizio, da parte dei due lavoratori, era stata curata dagli avvocati Roberto Santi Laurini e Piergiovanni Alleva.

6 luglio 2007

L’ERRORE UMANO: dalla cultura della colpa alla cultura della prevenzione
IL RAPPORTO TRA INCHIESTA GIUDIZIARIA ED INCHIESTA TECNICA, di Beniamino Deidda*
* Si pubblica qui la Relazione presentata dal Dott. Beniamino Deidda, Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Trieste, in occasione del Convegno “L’errore umano: dalla cultura della colpa alla cultura della prevenzione” tenutosi a Urbino l’11 maggio 2007.
(fonte: www.uniurb.it/olympus/)

30 giugno 2007

 Agente Solo?
Ministri, dirigenti, sindacalisti...
..."Vi riterremo personalmente responsabili!"
Scaricate il modello di lettera/diffida da inviare a istituzioni, FS e sindacati; al suo interno troverete le istruzioni per inviarla anche per email.

8 giugno 2007

QUELLA COMMISISONE VA ORMAI OLTRE LA LEGGE
Di Piergiovanni Alleva (da "il Manifesto" dell'8 giugno 2007)
Una iniziativa preoccupante è stata assunta dalla Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, con la delibera adottata nella seduta del 24 maggio 2007.
La Commissione ha richiesto ad una organizzazione di lavoratori, e cioè ai delegati RSU/RLS dell’Assemblea Nazionale dei Ferrovieri, di comprovare la loro “legittimazione” a proclamare uno sciopero per il 16 e 17 giugno p.v., data alla quale le giornate di lotta erano state rinviate dopo una prima proclamazione per i giorni 17 e 18 maggio.
Sostiene in sostanza la Commissione di garanzia che, per ogni azione di lotta sindacale, dovrebbero essere comprovate le modalità, i tempi e le caratteristiche della sua decisione da parte della base rappresentativa, e che inoltre questa dimostrazione dovrebbe essere ripetuta volta per volta, con impossibilità pertanto di “rinviare” un’azione di sciopero da parte del gruppo esponenziale dei lavoratori da una data all’altra.
Qui non si tratta più di regolazione delle modalità esecutive dello sciopero (su cui v. deliberazione 03/32 del 12.2.03), ma di cominciare ad entrare nel merito del quando, come e da chi lo sciopero è stato deciso, e quindi di sindacare non il momento esecutivo, ma quello deliberativo.
Se si mette il dito nell’ingranaggio, anche sotto un profilo all’apparenza banale, non sarà – temiamo – più possibile fermarsi, fino a giungere a una regolamentazione di tutte le modalità soggettive, procedimentali e – perché no – contenutistiche, nella proclamazione di uno sciopero.
Chiedere a un gruppo esponenziale di lavoratori di dimostrare la sua “legittimazione” a proclamare uno sciopero significa, nella sostanza, aver già negato che lo sciopero costituisca un diritto individuale di libertà di ogni lavoratore. La legittimazione infatti è un concetto limitativo, che discrimina i soggetti titolari di una facoltà d’agire da quelli che tale facoltà non hanno, e pertanto è del tutto evidente che, quando si tratta di diritti primari, non ha senso parlare in senso proprio di legittimazione giacché essa coinciderebbe con l’esistenza stessa della persona e, dunque, non esprimerebbe nessuna valenza limitativa e distintiva.
Da un punto di vista logico e di adeguatezza sociale dei comportamenti, poi, è del tutto evidente che ciò che veramente conta è la volontà di lotta esternata dai lavoratori titolari dell’interesse collettivo, laddove la collocazione temporale della lotta stessa, ad opera di un suo gruppo esponenziale, rappresenta un fatto esecutivo e secondario, le cui possibili variazioni - dovute a varie contingenze - non implicano affatto una nuova esternazione di quella volontà, dal momento che l’azione diretta non è stata comunque ancora realizzata.
Vi è veramente da chiedersi se la Commissione di garanzia avrebbe dimostrato uno spirito altrettanto fiscale nel caso in cui il rinvio dello sciopero fosse stato comunicato da un soggetto esponenziale, non di gruppi spontanei di lavoratori, ma di associazioni sindacali di lunga tradizione storica e stagionata strutturazione.
Piergiovanni Alleva, docente di diritto del lavoro nell’Università di Ancona

5 giugno 2007

 La Commissione di Garanzia vieta lo sciopero indetto dall'Assemblea Nazionale dei Ferrovieri
Di seguito pubblichiamo gli articoli che, sulla questione, sono apparsi su alcuni quotidiani nazionali.
(Scarica e diffondi il volantino con la lettera inviata al Presidente della Camera, on. Fausto Bertinotti)
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I delegati denunciano «una decisione gravissima che nega un diritto costituzionalmente garantito a tutti».
Ferrovieri, la Commissione annulla lo sciopero.
E loro scrivono una lettera a Bertinotti.
(Fonte: Liberazione, 5 giugno 2007)
La commissione di garanzia ha annullato lo sciopero indetto dai sindacati dei ferrovieri che con questa lettera si rivolgono al presidente della Camera, Fausto Bertinotti denunciando la «negazione dei diritti costituzionali».
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Caro Presidente,
ci rivolgiamo a Lei non solo come Presidente della Camera dei Deputati della "Repubblica fondata sul lavoro", ma come referente istituzionale della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, prevista dalla legge 146/90. Una "commissione" con la quale i lavoratori hanno avuto spesso divergenze e che da quando esiste ha sempre privilegiato le imprese e censurato quasi esclusivamente i lavoratori scioperanti, tanto da essere normalmente conosciuta e definita "commissione antisciopero" da gran parte del mondo del lavoro. Questa volta però essa è andata ben oltre i limiti ed i doveri previsti dalla legge e per la prima volta, con una delibera che Le alleghiamo, ha annullato un nostro sciopero contro il Piano d'impresa f.s. regolarmente convocato per i116 e 17 giugno 2007, in ossequio a tutti i vincoli imposti dalla legge e dalle regole di settore, poiché ritenuti soggetti non legittimati alla proclamazione di uno sciopero. Una decisione gravissima che nega lo sciopero quale diritto costituzionalmente garantito a tutti, e non soltanto ad alcuni sindacati. Difatti, una volta assicurato il contemperamento del diritto alla mobilità, mediante l'attuazione ed il rispetto pieno di tutti - si sottolinea tutti - i vincoli di legge (procedure di conciliazione, preavviso, rarefazione, franchigie, durata, servizi minimi, ecc) non vi è alcun ragionevole motivo nè alcuna previsione normativa che autorizzi a sindacare i percorsi e le scelte politico-sindacali, ideali e organizzative che, come soggetto collettivo, abbiamo scelto per esercitare il diritto di sciopero, né, tantomeno, per censurarne la legittimità o la legittimazione.
La commissione ha assunto una posizione che rappresenta, inoltre, una gravissima ingerenza nei rapporti democratici poiché si sostituisce alla volontà del legislatore in una materia delicatissima come quella della rappresentanza sindacale violando anche un altro cardine costituzionale secondo il quale "L'attività sindacale è libera", interferendo nelle modalità di formazione delle decisioni dei "soggetti che promuovono lo sciopero", dei "soggetti che proclamano lo sciopero" o, più in generale, delle "parti" - cui si riferiscono normativa dottrina e giurisprudenza. In assenza di una legge sulla rappresentanza sindacale qualsiasi tentativo di individuare criteri di legittimazione all'esercizio del diritto di sciopero (e dell'attività sindacale in genere) non può che tradursi in decisioni arbitrarie, discriminatorie e lesive di diritti costituzionali.
Forse i suoi componenti con questa delibera hanno voluto allinearsi al clima che si respira oggi negli ambienti ferroviari, dove il ministro Bianchi ha inspiegabilmente ridotto d'autorità a 8 ore uno sciopero di 24 (dichiarato da tutti i sindacati del settore nel rispetto completo delle regole ma ritenuto troppo "pesante") e l'amministratore delegato ha pubblicamente messo in discussione il diritto di sciopero per subordinarlo, bontà sua, a referendum tra i cittadini.
Poiché riteniamo gravissima e pericolosa la posizione assunta dalla commissione, Le chiediamo un urgente e autorevole intervento per evitare che, essa, esulando dai suoi compiti istituzionali di garanzia e contemperamento di diritti di pari dignità costituzionale, possa invadere il campo delle competenze parlamentari nella delicatissima e irrisolta materia della rappresentanza e ci neghi il diritto di sciopero proprio mentre siamo oggetto, come ferrovieri, di un pesantissimo attacco alle condizioni di vita e di lavoro. Sarebbe davvero amaro, dover constatare che con un governo di centrosinistra, un ministro che si dice "comunista" e le Camere presiedute da due personalità provenienti dal mondo del lavoro e che nella loro vita hanno proclamato personalmente tanti scioperi, dovessimo subire un tale arretramento in tema di libertà sindacali.
Abbiamo bene in mente il Suo discorso d'investitura, quando ci ha ricordato Pietro Calamandrei, il quale considerava lo sciopero "uno strumento democratico da non reprimere ma da sollecitare" e non ci rassegneremo a che questo diritto sia riservato, a discrezione della commissione antisciopero solo a taluni e non a tutti i lavoratori.
Certi del Suo interessamento, La salutiamo con grande cordialità.
I delegati RSU/RLS dell'Assemblea Nazionale dei Ferrovieri.
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Ferrovieri - La «commissione» vieta lo sciopero.
(Fonte: il manifesto, 5 giugno 2007)
In tempi di crisi è facile che a qualche organo di vigilanza venga in mente di «forzare» i confini della legge. Sembra sia accaduto alla «commissione di garanzia» sugli scioperi nei servizi pubblici, che ha vietato lo sciopero indetto per il 16-17 giugno all'Assemblea nazionale dei ferrovieri per <difetto di legittimità,,. Un assurdo, in assenza di una legge sulla rappresentanza, che prefigurera un inesistente diritto della stessa commissiona a sindacare su come un'organizzazione decide le proprie iniziative.
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La Commissione: «L'assemblea nazionale dei ferrovieri non può proclamare scioperi»
(Fonte: Massimo Franchi, L'Unità, 5 giugno 2007)
«Mancanza di legittimazione per la proclamazione dello sciopero» del 16 e 17 giugno per i lavoratori della Fs. Per la prima volta la Commissione di garanzia usa questa espressione per impedire ad un sindacato di proclamare uno sciopero, intimando addirittura di «inviare i verbali delle assemblee e ogni altra documentazione utile a provare la legittimità del loro mandato». Soggetto della richiesta è l'Assemblea nazionale ferrovieri, movimento sindacale autoconvocato, nato dopo l'incidente di Crevalcore, dopo il quale pro, damò uno sciopero (contro il parere dei sindacati confederali) a cui aderirono punte del 100 per cento fra i macchinisti. Un movimento trasversale composto da lavoratori iscritti a tutte le sigle (dalla Cgil all'Orsa, ma anche la Cisl) che si è battuto in prima fila contro l'introduzione del cosiddetto "uomo morto" (il meccanismo che dovrebbe comprovare la vigilanza del macchinista con l'intento di ridurne da due a uno il loro numero in macchina) e contro i licenziamenti dei macchinisti che denunciarono a "Report" l'insicurezza quotidiana delle ferrovie italiane. Da due anni a questa parte l'Assemblea nazionale ferrovieri ha tenute decine di affollatissime assemblee e ha proclamato regolarmente una decina di scioperi. Per protestare contro la decisione della Commissione, proposta dal commissario Michele Tiraboschi (allievo di Marco Biagi), avvallata all'unanimità e firmata dal presidente Antonio Martone, il sindacato ha scritto ai presidenti di Camera e Senato Fausto Bertinotti e Franco Marini. «Una decisione gravissima che nega lo sciopero quale diritto costituzionalmente garantito a tutti, e non soltanto ad alcuni sindacati - vi si legge -. La Commissione si sostituisce alla volontà del legislatore in una materia delicatissima come quella della rappresentanza sindacale».

2 giugno 2007

Il Piano d'impresa FS 2007 - 2011
Scarica il testo e clicca qui.

31 maggio 2007

La Procura ha chiesto al Tribunale il rinvio a giudizio dell'impresa Deragliamento a Bari
che realizzò il tratto di ferrovia (e dei collaudatori) fra Acquaviva e Sannicandro, dove nel 2005 un treno deragliò e rimase sull'orlo di un baratro. Il bilancio fu di 30 feriti.
BARI - Fu - secondo l'accusa - la «non corretta progettazione e realizzazione del tratto ferroviario» a provocare, a seguito dell’alluvione del 23 ottobre 2005, tra Acquaviva delle Fonti e Sannicandro di Bari, il cedimento di un terrapieno e il successivo deragliamento dell’Eurostar 9410 Taranto-Milano: il treno rimase miracolosamente sospeso sulle rotaie ma 30 passeggeri che erano a bordo rimasero feriti.
È la conclusione a cui è giunta la Procura presso il Tribunale di Bari, che ha chiesto il rinvio a giudizio per nove persone accusate di disastro ferroviario colposo e lesioni personali colpose (reati contestati a tutti gli imputati) e, a vario titolo, per falsità ideologica e materiale e violazione colposa dei doveri inerenti la custodia delle cose.
La richiesta di rinvio a giudizio, firmata dal Pm inquirente Giuseppe Dentamaro, è stata notificata ai componenti della commissione di collaudo delle opere di raddoppio e potenziamento della linea Bari-Taranto (lotto A), Vito Rizzo, Gerardo D’Aiuto, Giuseppe Massaro, Paolo Enrico Debarbieri, e Francesco Zito, accusati anche di falso per aver attestato, contrariamente al vero, nel verbale di collaudo dell’opera la presenza di una berma (gradino) larga due metri che, se esistente, secondo l'accusa, avrebbe reso più stabile il tratto ferroviario.
Per lo stesso reato è imputato Michele Pantaleo, autore della relazione sulle opere di sistemazione idraulica relativa ai lavori di raddoppio, che non avrebbe dato atto della presenza di una lama (una depressione del terreno in cui scorre acqua piovana) e, quindi, non avrebbe consentito la realizzazione nel tratto di adeguate opere per lo smaltimento delle acque. Queste non defluirono – secondo l'accusa – a causa della non corretta progettazione e realizzazione del tratto ferroviario e perché fu previsto un tombino non in asse con le linee di deflusso.
Al titolare dell’impresa subappaltatrice, Angelo Camardelli, e ai direttori dei lavori, Luigi
Zaccaria e Ferruccio Faggiano, che eseguì opere sul tratto, è contestato di non aver realizzato, violando il progetto, la berma prevista e di aver utilizzato terreno diverso da quello previsto dal progetto. In questo modo – secondo la Procura – «fecero mancare in parte cose ed opere al pubblico servizio del trasporto ferroviario». Ai tre imputati viene contestata l’aggravante di aver commesso il fatto su opere destinate ad evitare che la struttura crollasse per l’effetto dell’accumulo delle acque.
Fonte:
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/GdM_dallapuglia_NOTIZIA_01.asp?IDNotizia=178761&IDCategoria=11

25 maggio 2007

Milano - venerdì 8 giugno 2007 ore 9.30
presso sala Consiglio Regione Lombardia (Pirellone) , via F. Filzi, 24
Ancora In Marcia, Cub Trasporti, Medicina Democratica organizzano il convegno
Il lavoro a turni
Ricadute sulle condizioni di vita e di lavoro

Indagini, dati scientifici e ricerca sugli effetti sulle condizioni di vita dei lavoratori sottoposti a turni. Esperienze a confronto.
Intervengono:
· Studiosi e specialisti sui problemi del sonno e dei turni;
L.Ferini Strambi, L.Mara
· Ricercatori sull'organizzazione del lavoro;
· Medicina ed igiene del lavoro;
· Partecipazione dei RLS ed RSu del mondo del lavoro:
ferrovie, Atm, sanità, metalmeccanici, chimici;
· Delegazioni estere di macchinisti svizzeri, delegati sindacati di base spagnoli.
Da decenni la scienza studia ed analizza gli effetti dei turni di lavoro sulla vita degli uomini, che alterano i ritmi dettati dalla natura. Sono state individuate patologie e disturbi, che a lungo andare danneggiano la salute e rendono l'attività lavorativa più pesante e pericolosa.
Nonostante questo assistiamo alla rincorsa al ribasso di diritti e tutele, le normative vengono stravolte in nome di una competitività sempre più sfrenata.
Nonostante la disponibilità di tecnologie sempre più sofisticate, spesso si i lavoratori operano in condizioni dove la sicurezza e la prevenzione sono tra le ultime voci nel bilancio delle aziende.
La salvaguardia della vita deve tornare al centro degli interessi degli uomini.
E necessaria e non più rinviabile una forte presa di coscienza per una concreta azione di tutela di tutti i soggetti più a rischio.
Per contatti:
· Ancora in Marcia tel 055 480166 - www.ancorainmarcia.it - e-mail: redazione@ancorainmarcia.it
· CUB Trasporti Milano tel 02- 70631804
www.cub.it e-mail: cub.nazionale@tiscali.it
. La Talpa www.latalpadimilano.it e-mail: redazionetalpa@latalpadimilano.it
...continua (notizie di maggio)...
Scarica la locandina

24 maggio 2007

Prima udienza a Bologna per il processo sull’incidente di Casalecchio Garibaldi.
Il 30 maggio a Bologna si terrà la prima udienza del processo a carico dei colleghi Gabriele Martini e Daniele Boscolo, rispettivamente macchinista e capotreno del tr.11432, che il 30 settembre del 2003 incorsero nel superamento del segnale di partenza della stazione di Casalecchio Garibaldi, terminando la corsa contro il paraurti a valle del segnale e provocando il ferimento di circa 200 viaggiatori. I nostri colleghi sono imputati di disastro ferroviario colposo, lesioni personali gravi ed omicidio colposo del viaggiatore deceduto in seguito agli accertamenti clinici in ospedale. La decisione del rinvio a giudizio è giunta dopo una indagine molto controversa in cui la tesi del prof. Diana, consulente tecnico del Pubblico Ministero Dr.ssa Musti, ha da subito impresso agli accertamenti una direzione univoca verso la ricerca di responsabilità del personale del treno. Invano i consulenti di parte sia di Martini che di Boscolo hanno tentato di dirigere l’attenzione verso i possibili fattori concorrenti che potevano aver indotto il personale all’errore, primo tra tutti le frequenti anomalie nel segnalamento della stazione che, dalla recente attivazione del sistema ACS, secondo quanto riferito dal personale di altri treni, aveva manifestato anche il giorno stesso dell’incidente lacune nel funzionamento dei segnali. Resta, quindi, ancora da accertare l’eventuale responsabilità di chi, nella realizzazione del nuovo tratto di linea, abbia omesso l’introduzione di apparecchiature idonee all’arresto del treno e di collegamenti efficienti tra terra e treno, presenti invece nel tratto Bivio Santa Viola-Bologna Borgo Panigale prima della costruzione del raddoppio della linea fino a Casalecchio di Reno. E’ evidente, infatti, che se anche vi fosse stato un anomalo funzionamento dei segnali, esso sarebbe stato immediatamente “recuperato” dall’intervento della frenatura, sia nel caso di SCMT che di ripetizione segnali. Proprio l’assenza di queste apparecchiature ha impedito la registrazione sulla zona del comportamento del segnale, che spesso appare, invece, regolare negli impianti di stazione. Giunti a questo punto, diventa fondamentale per i nostri colleghi che l’intera categoria esprima loro in modo forte la propria vicinanza e il totale supporto. Non è accettabile che a pagare siano sempre i lavoratori, vanno accertate fino in fondo tutte le responsabilità di chi non ha opportunamente operato per la prevenzione dell’accaduto.
Reggio Emilia, 21 maggio 07
Per l'Associazione “Coordinamento 12 gennaio”
Emilia Romagna
Savio Galvani

16 maggio 2007

Precettazioni da impazzire
Il ministro dei trasporti Alessandro Bianchi passerà alla storia per il più inverecondo (e pericoloso) pasticcio mai combinato in fatto di precettazioni. E dire che qualche settimana fa il congresso del suo partito - il Pdci - aveva approvato un ordine del giorno decisamente pro-ferrovieri.
Naturalmente il testo è stato scritto dai soliti tecnocrati ministeriali, sempre al riparo dalle polemiche politiche (questo porta la firma del capo della segreteria tecnica, Giuseppe Mario Scali), ma è evidente che risale al ministro e al governo una decisione priva di fondamento e degna di un potere dittatoriale in stato confusionale. Andiamo però con ordine.
L' 11 maggio il ministro precetta ferrovieri, assistenti di volo Alitalia e tecnici Enav che avevano programmato una serie di scioperi tra il 18 e i121 del mese. Persino la cosiddetta «commissione di garanzia», fin qui una vera e propria commissione antisciopero, non aveva potuto riscontrare alcuna irregolarità. Il ministro però, dall'alto di un potere concepito come discrezionale e insindacabile, ha stabilito che gli scioperi andavano ridotti a 8 ore se previsti per una durata superiore e spostati di data in nome di un superiore «diritto alla mobilità costituzionalmente garantito». Giustamente il macchinista Dante De Angelis, delegato alla sicurezza ormai famoso, ha commentato: «La commissione a questo punto è un ente inutile». Presi dalla palese straordinarietà dell'evento, i tecnici hanno steso un testo così sconnesso da richiedere - a 48 ore di distanza - una precisazione: lo sciopero dei ferrovieri va fatto il 17. Obiezione sindacale: le agitazioni dalle 21 alle 21 del giorno successivo vanno sempre intese come impegnative del secondo giomo (non occorre essere esperti superpagati per capirlo). Segue nuova nota esplicativa, ieri: volevamo dire i118. Con buona pace del diritto «costituzionalmente garantito» di programmare i propri viaggi con un minimo di certezza.
Ci sarebbe solo da ridere, se con questo atto il governo non avesse stabilito un precedente che un futuro governo di destra non esiterà a ripetere. E dire che nemmeno il berlusconiano Pietro «tunnel» Lunardi aveva osato tanto...
In serata si è riunita la «cabina di regia», sindacati e ministero, per risolvere l'inghippo. Ma l'Assemblea dei ferrovieri - trasversale alle sigle - ha deciso di riprogrammare lo sciopero. Un diritto non lo si lascia in mano a un ministro.
(fonte: il Manifesto, 16 maggio 2007

13 maggio 2007

Sicurezza, Trenitalia nei guai
Con un solo macchinista soccorsi a rischio
Nei tunnel il telefono non va e il macchinista non può dare l'allarme
di Alberto Gaino (www.lastampa.it)
Sui treni regionali i macchinisti sono scesi da due a uno. E quell’unico rimasto deve premere un pedale ogni 50 secondi per dimostrare che è vivo, vegeto e fa il suo lavoro. I ferrovieri hanno ribatezzato il pedale «uomo morto». Dopo lunga trattativa fra sindacati e Trenitalia verrà smontato e sostituito da una più moderna tecnologia. Nel frattempo il macchinista solo pigia e ripigia. E se si sente male ha un cellulare di servizio per chiedere soccorso. Non deve però accadere in una tratta con chilometri in galleria. Mai. Sotto i tunnel i telefonini di servizio non funzionano. I macchinisti lo sanno bene e uno di loro, del sindacato dell’Orsa, ha guidato un drappello di ispettori Asl sulla linea Torino-Bardonecchia: alla prima galleria, via con i cellulari. Assenza di campo, apparecchi muti. Idem alla seconda, e così alla terza. Al ritorno a Porta Nuova avevano già chiaro cosa scrivere nel rapporto per Guariniello: «Sicurezza a rischio». Denuncia contro Trenitalia e intimazione all’amministratore delegato Mauro Moretti di provvedere alla prescrizione di legge: «I cellulari di servizio devono funzionare anche nei tunnel». E’ l’iter della «626», la legge sulla sicurezza sul lavoro che in questo caso (e in molti altri) protegge pure la salute degli utenti dei servizi. Ve lo immaginate un macchinista che si sente male? Ha il capotreno accanto, come da regolamento. Che gli assegna l’ingrato dovere di correre per il convoglio a cercare tra i viaggiatori un medico e un secondo macchinista. Caso mai avesse deciso di salire sul treno come passeggero. Guariniello non può occuparsi dei tagli di personale, ma la sicurezza e il suo pane quotidiano e non può essere messa a rischio per ragioni di bilancio. I sindacati dei ferrovieri hanno su questo fronte trovato un oggettivo alleato. «Il nodo del contendere si sta però spostanto un po’ più in là», avverte Mauro Poggio, che segue per la Filt-Cgil regionale la categoria dei ferrovieri. «Trenitalia si sta organizzando, superando il sistema Vacma di vigilanza (quello dell’”uomo morto”) con sistemi di controllo automatici “terra-treno” che dovranno comportare anche la copertura del segnale del cellulare di servizio in galleria. L’obiettivo è che una tale e complessa rete di sicurezza sia in funzione entro il 2008. Però, in cambio, Trenitalia vuole eliminare la figura del capotreno e sui convogli regionali rimarrebbe, ancora più solo, un unico macchinista».

12 maggio 2007

Ferrovie il risanamento vien tagliando
di Alessandra Valentini
Il ministro Padoa-Schioppa lo aveva annunciato il 28 marzo scorso, la cura per le ferrovie italiane doveva essere questa: aumento delle tariffe e l’introduzione del “macchinista unico”. È evidente che aumentando un po’ i biglietti e dimezzando il numero dei macchinisti qualche risanamento economico ci dovrà pur essere per le nostre ferrovie, divenute Spa dal 1985. Gli attuali vertici, capeggiati dal duo Cipolletta-Moretti, confortati dalle anticipazioni di Padoa-Schioppa, venerdì 4 maggio hanno presentato al governo il tanto atteso Piano industriale 2007-2011 delle ferrovie, ricevendo un primo ok. Cosa dice il piano? Riduzione di 10.000 lavoratori e aumento delle tariffe, però si parla anche di investimenti, infatti, verranno acquistati ben 1000 nuovi treni. Per Moretti e company questi sono i numeri del risanamento. Ma vediamo dove si andrà ad aumentare e dove a sottrarre. Gli aumenti tariffari più consistenti riguarderanno le tratte più remunerative, che vedranno aumenti fino al 35%, per il trasporto locale i rincari dovrebbero attestarsi intorno al 20%. I tagli naturalmente riguardano i ferrovieri: nel solo settore merci il piano prevede la chiusura di 300 impianti e il licenziamento di circa 5000 lavoratori. Poi, portando da due ad un solo macchinista l’equipaggio di macchina, si arriva al “traguardo” delle 10.000 persone da mandare a casa o, comunque, da far uscire senza prevederne la sostituzione.
Una ricetta ineccepibile ai fini del risanamento delle casse ferroviarie, prosciugate da anni di gestioni sciagurate, una formula già prospettata da Cimoli e Catania con passati governi. Ma qualche obiezione a questo Piano sorge spontanea e riguarda più di un aspetto.
L’aumento delle tariffe, per una quota compresa tra il 10% e il 35%, risulta veramente stonato se pensiamo al servizio offerto oggi ai viaggiatori da Trenitalia e Rfi in termini di pulizia, efficienza e puntualità. Per difendere simili ingiustificati aumenti si portano ad esempio le tariffe europee, ed allora sarebbe utile vedere cosa accade veramente in Europa e in Italia: se nel nostro paese abbiamo le tariffe più basse d’Europa abbiamo anche la “maglia nera” per quanto riguarda i salari. Quelli italiani sono i più bassi d’Europa, evidentemente le tariffe di treni ed autobus erano ad essi proporzionali. Sul fronte dei tagli al personale si incrociano almeno tre motivi di contrarietà a simile scelta: la prima è ovviamente la difesa dell’occupazione; la seconda – strettamente collegata alla prima – è il mantenimento di un adeguato standard di sicurezza per chi lavora e per chi viaggia sui treni; la terza, se pensiamo al settore merci, riguarda le scelte strategiche e di sviluppo eco-sostenibile del nostro Paese. Ridurre il personale e soprattutto agire sul versante dei macchinisti significa introdurre alla guida di tutti i treni e su tutte le tratte un solo macchinista al posto dei due che i nostri treni potevano vantare. In realtà un solo macchinista, affiancato dal capotreno, è stato già introdotto da Rfi nel 2002, ma solo su alcuni treni. Oggi Mauro Moretti vorrebbe introdurre universalmente il “macchinista solo”, magari costringendolo ad usare il pedale a “uomo morto”, meccanismo che fu applicato dalle ferrovie nel 1939, ma, allora come oggi, trovò la ferma opposizioni dei macchinisti e le Fs furono costrette a rinunciarvi. L’infernale pedale, o pulsante, da pigiare ogni 30 o 55 secondi ha ben poco di tecnologico e non rende i nostri treni più sicuri, come ha dimostrato la tragedia di Crevalcore. Anche per il macchinista solo si porta ad esempio l’Europa. Ancora una volta il paragone è azzardato, in primo luogo perché la nostra rete non è adeguata tecnologicamente in tal senso; in secondo luogo perché fino a qualche anno fa l’Italia poteva vantare la ferrovia più sicura d’Europa, con meno morti e meno incidenti, proprio perché garantiva su tutti i treni un equipaggio di guida formato da due macchinisti, unica e provata garanzia di sicurezza assoluta e non relativa. Con i cambiamenti in atto la sicurezza di viaggiatori e lavoratori viene sacrificata in nome del guadagno e dell’economicità, su un settore come quello ferroviario che rappresenta un servizio pubblico essenziale e strategico per il paese. Ma è evidente, quanto aberrante, che secondo una certa logica si può mettere in conto una media di due incidenti l’anno (dal bilancio più o meno catastrofico) in cambio di un abbattimento del 50% dei costi. A tutte queste motivazioni, per il settore merci si aggiunge anche un altro importante motivo di contrarietà. Non ci si è raccontato per anni che bisognava favorire il trasporto merci su ferro anziché su gomme, poiché il primo è più “pulito” e sicuro? Per fare tutto ciò non sembra sia utile chiudere almeno 300 impianti e ridurre di 5000 unità gli addetti.
Insomma Cipolletta e Moretti risanano con il metodo più antico del mondo: tagli al personale, tagli alla sicurezza, aumento delle tariffe. In tutta questa tragedia del piano industriale la nota positiva - forse per indorare la pillola al governo - sarebbe l’acquisto di 1000 treni in più. Un vero specchietto per le allodole, i pendolari, dimenticati da tutti, e che “pendolano” in condizioni pietose, ora divengono il settore su cui puntare. Oltre all’inganno la beffa, come hanno dichiarato i ferrovieri dell’Assemblea Nazionale: chi guiderà 1000 nuovi treni se si eliminano 6000 macchinisti? Non resta da augurasi che i ferrovieri ed i macchinisti si facciano carico, come è già successo, di difendere i diritti e la sicurezza dei lavoratori e viaggiatori. Perché, care ferrovie, il treno – parafrasando Brecht - ha un difetto, ha bisogno dell’uomo per essere guidato e l’uomo può pensare.

9 maggio 2007

Roma, 9 maggio 2007, a Montecitorio!La manifestazione dei ferrovieri davanti Montecitorio, a Roma
Grande manifestazione dei ferrovieridavanti davanti alla Camera dei Deputati. In tanti sono giunti da varie parti d'Italia per ribadire il proprio "No allo sfascio delle ferrovie!" ed un netto rifiuto delle condizioni che l'AD di FS, Mauro Moretti, ha fissato nel piano d'impresa di recente reso pubblico. ''E' un vero e proprio inganno, ai danni dell'opinione pubblica e del Parlamento, utilizzato solo per ottenere il via libera all'aumento delle tariffe, forti tagli e precarieta' del personale senza tener conto delle ricadute sulla sicurezza, proprio mentre il tema e' al centro del dibattito politico con i solenni richiami del Presidente Napolitano'': questo era stato questo il primo commento dei delegati RSU-RLS dell'Assemblea Nazionale dei Ferrovieri a tale documento.
''Un Piano - aggiungono i sindacati - che non riconosce il servizio ferroviario come risorsa strategica per il riequilibrio sociale, economico ed ambientale, ma tende a smantellarlo e ridurlo a semplice merce da vendere e comprare con le regole del mercato e del profitto. L'8 maggio manifesteremo a Montecitorio contro un Piano industriale accusano i delegati - privo di qualsiasi credibilita': chi guidera' i 1.000 nuovi treni se si tagliano 6.000 macchinisti? Quale rilancio del trasporto merci e tutela dell ambiente, a fronte della chiusura di 300 scali?
Nel convegno che ne è seguito (nel pomeriggio, presso la sala del Sacro Cuore, nei pressi di Roma Termini, al quale hanno partecipato anche i parlamentari Brutti, Pedrini, Cento, Ricci) i vari interventi hanno evidenziato la preoccupazione per i progetti futuri delle FS, fatti di tagli al personale e di scarsi investimenti per il rafforzamento del trasporto merici e, soprattutto, il ricorso all'agente solo, cioè un solo/isolato macchinista alla guida del treno.
Preoccupazione dei presenti anche per il ''clima di unanimismo e accondiscendenza dei sindacati di categoria ma, come ferrovieri iscritti a tutte le sigle, consapevoli del ruolo sociale del trasporto ferroviario, continueremo a batterci per la salvaguardia del nostro lavoro, a differenza dei personaggi che 'transitano' nelle FS per avvalersi solo di ingenti vantaggi economici''. Non sono mancate le critiche anche ai politici, soprattutto a quelli di sinistra, rei di non aver creduto fattivamente ad un serio rilancio delle ferrovie e di essersi sostanzialmente rassegnati ad una gestione della stessa che rischia di diventare sempre meno pubblica ed affidata alle regole del mercato.
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7 aprile 2007

Schiacciato dalla ruota di una locomotiva.
E' morto ieri, nella stazione ferroviaria di Terni, Franco Mariani, 57enne sposato con tre figli. Il terzo morto sul lavoro in tre settimane nella provincia di Terni. Dipendente di Trenitalia Cargo (la divisione delle ferrovie che gestisce il trasporto merci), Mariani faceva il manovratore; predisponeva cioè le locomotive per il trasporto merci. Uomo «espertissimo» lo descrivono i colleghi, impegnato nel «lavoro che faceva tutti i giorni».
Le dinamiche del tragico incidente, accaduto nella prima mattinata, sono ancora in corso di accertamento. Alle 6,45 circa, Franco Mariani stava eseguendo la manovra di aggancio di due vagoni per la composizione di un treno merci. Un lavoro manuale, che nelle (poche) locomotive ammodernate si esegue automaticamente. Dalle prime ricostruzioni sembra che Mariani sia stato investito da un vagone del convoglio che si è mosso, finendo sotto la ruota.
Un macchinista, in ferrovia, non muove la locomotiva senza avere avuto il via libera da parte di chi, a terra, predispone i vagoni. Sembra che Mariani avesse dato indicazione al macchinista di spingere i carri. Un malinteso? Che l'uomo non abbia calcolato il tempo? O che si sia trattato di una «manovra al volo?».
«Le morti sul lavoro non sono mai frutto di una fatalità - dice sgomento Cipriano Crescioni, responsabile della sicurezza per la segreteria provinciale della Cgil - Le condizioni di lavoro anche nelle Ferrovie non sono sicure». Dalla scarsità di mezzi di locomozione idonei, che costringe i lavoratori a caricare e scaricare in continuazione, in tempi rapidi e perciò più rischiosi. Alle stesse zone di lavoro lungo i binari dove, tra pietre e ciotoli, «è facile cadere». Infine, la carenza di organico: «Il volume dei traffici - spiega ancora Crescioni - è aumentato, ma i lavoratori che vanno in pensione non vengono rimpiazzati». Soltanto a Terni, per l'attività e la movimentazione di treni «servirebbe il doppio del personale».
Le stesse squadre di manovra - denunciano i lavoratori - sono spesso sottodimensionate. Oltre all'operatore di macchina, dovrebbero essercene tre a terra. Ieri a Terni, sembra che la squadra fosse al completo, ma al lavoro su più di una linea.
«Le Ferrovie non sono più un'isola felice - denuncia Dante De Angelis, dell'Assemblea nazionale dei ferrovieri e dei delegati alla sicurezza - E il governo, trattandosi di un'azienda pagata dalla collettività, dovrebbe imporre regole più severe». Il 13 aprile i lavoratori delle Ferrovie sciopereranno contro il nuovo piano Fs. A Terni manifesteranno di fronte alla stazione: «Vogliamo chiamare tutta la città ad una sensibilizzazione sul tema della sicurezza - conclude Crescioni - perchè gli incidenti hanno a che fare con la degenerazione culturale del lavoro nella nostra società».
(Sara Farolfi - il manifesto)

3 aprile 2007

TRASPORTI: 200 ANNI DI RECORD DI VELOCITA' SU ROTAIA
(ANSA) - ROMA - Il Tgv, il treno ad alta velocita' francese, ha stabilito oggi il primato mondiale di velocita' su rotaia raggiungendo, sulla nuova linea Parigi-Strasburgo, i 574,8 chilometri orari. Venerdi' scorso, durante una corsa di prova, lo speciale convoglio costruito dalla Alstom aveva toccato i 568 km/h, ma il record non aveva potuto essere omologato. L'obiettivo, raggiunto, era quello di battere il precedente primato ottenuto quasi 17 anni fa, con 515,3 chilometri orari, da un altro Tgv di generazione precedente, un Tgv Atlantique e rinverdire cosi' i fasti della Francia nell'ambito dei record di velocita' su binari. La storia di questi primati comincia con quello che si puo' considerare come il primo vero convoglio ferroviario, costruito dal britannico Richard Trevithick, che il 21 febbraio 1804 marcio' a poco meno di otto chilometri orari. Quasi esattamente un secolo dopo, il nove maggio 1904, la locomotiva City of Truro supero' la soglia delle cento miglia orarie, raggiungendo i 164 km/h. Il record ufficiale di velocita' per locomotive a vapore, pur contestato da americani e tedeschi, appartiene tuttora alla britannica Mallard A4, che il 3 luglio 1938 tocco' i 202,6 km/h. Gia' in precedenza, tuttavia, il primato assoluto era passato a treni di diverso tipo: il 17 febbraio 1936 un convoglio diesel tedesco aveva fatto registrare una velocita' di punta di 235,0 km/h e prima ancora, il 21 giugno 1931, l'automotrice Zeppelin, spinta da un'elica aeronautica, era arrivata a 230/2 kmh. L'ultimo dopoguerra ha visto le locomotive elettriche francesi assicurarsi i nuovi primati: 243 km/h il 21 febbraio 1954 e 330,9 km/h il 28 marzo 1955, sempre con il locomotore CC7107. Solo il 2 settembre 2006 un locomotore austriaco ha fatto di meglio, toccando in Germania i 357 kmh, record attuale per convogli tradizionali. Dai primi anni '80, con l'introduzione di treni costruiti appositamente per viaggiare su nuove linee concepite per l'alta velocita', si assiste a una rivoluzione del concetto di trasporto ferroviario: il 26 febbraio 1981, il francese Tgv Sud-Est raggiunge i 380 km/h; replica il primo maggio 1988 l'Ice tedesco, con 406,9 km/h; controreplica francese pochi mesi piu' tardi, con 408,4 km/h, finche' non giunge il Tgv Atlantique a toccare il 5 dicembre 1989 i 482,4 km/h e successivamente, il 18 maggio 1990, i 515,3. Con 263,3 km/h di media sulla tratta Lione-Aix-en-Provence, il Tgv detiene anche il primato della velocita' commerciale: lo ha strappato nel 2005 al giapponese Shinkansen (261,8 km/h sulla tratta Hiroshima Kokura). In precedenza il record era stato appannaggio del treno francese Mistral (132,1 km/h nel 1964, tra Parigi e Digione) e prima ancora del convoglio diesel tedesco Fliegender Hamburger (amburghese volante), che nel 1931 copriva i 286 km di linea fra Berlino ed Amburgo alla media di 124 all' ora. Appartiene invece ad una diversa categoria il Maglev, il treno a levitazione magnetica - senza ruote, viaggia su una monorotaia, sollevato da un campo magnetico - che il 2 dicembre 2003 in Giappone ha raggiunto la velocita' di 581 km/h. (ANSA). CL
03/04/2007 17:52
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22 marzo 2007

«Non archiviate quella strage»
Non hanno intenzione di mollare la presa soprattutto dopo che per la prima volta un'inchiesta ha scritto nero su bianco che le ferrovie italiane non sono al passo con i tempi sua sicurezza. I ferrovieri dell'Orsa hanno fatto opposizione alla richiesta di archiviazione della procura di Bologna per i vertici di Rete Ferroviaria Italiana nell'inchiesta sul disastro di Crevalcore. Prima di loro a opporsi è stata la famiglia di Vincenzo De Biase uno dei macchinisti morti nello scontro tra i due treni alla piccola stazione di Bolognina il 7 gennaio 2005. Anche il Coordinamento 12 gennaio sta preparando la sua documentazione per chiedere che le posizioni di Mauro Moretti all'epoca amministratore delegato di Rfi (e ora attuale Ad del gruppo Ferrovie dello Stato) e dei dite dirigenti Michele Elia e Giancarlo Paganelli vengano almeno esaminate dal gup. Altre opposizioni potrebbero arrivare dalle famiglie delle 17 persone morte nello scontro frontale. Su dieci indagati sono rimasti in sette e sono tutti dirigenti locali di Rfi per cui i pm si preparano a chiedere il rinvio a giudizio. Questa decisione, arrivata a due anni dall'incidente, aveva già suscitato le perplessità dei ferrovieri che pure hanno riconosciuto a questa inchiesta il grande merito di non essersi accontentata dell'errore umano (che pure nel caso di Crevalcore c'è stato visto che il macchinista del treno passeggeri ha «bucato» il semaforo giallo e quello rosso) mettendo sotto la lente attraverso cinque consulenze il sistema ferroviario italiano e in particolare l'assenza di sistemi di sicurezza tecnologici su quel tratto della linea Bologna-Verona. La preoccupazione del fronte sindacale è che possa andare a processo chi ha la possibilità di difendersi dicendo che le scelte sono state fatte dai superiori. Moretti è stato interrogato dai pm e ha raccontato di aver riprogrammato la messa in sicurezza prevedendo di installare il sistema Scmt (controllo della marcia del treno) sull'intera rete ferroviaria. Interventi previsti dalla legge Obiettivo che il Cipe deliberò due settimane prima del disastro. Una delle consulenze della procura firmata da Marco Ponti del Politecnico di Milano rivela che quella linea non è stata giudicata prioritaria e che la messa in sicurezza sia stata adeguata al traffico e al tasso di incidenti («solo» due i rossi bucati nel 2000 e nel 2001, non furono necessari per anticipare l'installazione dell'Scmt realizzata in meno di un anno dopo il disastro). Il cuore del ragionamento della memoria del sindacato Orsa preparata dall'avv. Desi Bruno riconduce invece a scelte aziendali di risparmio operate nell'era Moretti. La disposizione 35 con cui Rfi nel 2002 ha istituito l'agente unico, ovvero il macchinista affiancato dal capotreno e ha introdotto il Vacma, il pedale che chi guida il treno deve premere per dimostrare che è vigile. Una scelta che viene fatta per tutta la rete nazionale senza tener conto dei tratti, come quello dove è accaduto l'incidente sulla Bologna-Verona, dove non solo non c'era ancora il sistema Scmt ma il binario era unico e la nebbia fitta come quella della mattina dell'incidente era un fenomeno normale.
(Giusi Marcante - il manifesto, Bologna)

21 febbraio 2007

Sicurezza sul lavoro, quel ddl che non dà spazio ai lavoratori.
Il disegno di legge del governo non dà più poteri ai rappresentanti dei lavoratori, nonostante le insistenze di Rls, Fiom e Prc. Confindustria: la metà dei morti avviene sulle strade. Anmil: macroscopico scaricabarile. Un disegno di legge che fa acqua da tutte le parti, e non assicura la sicurezza dei lavoratori: in primo luogo perché non aumenta di un centimetro le possibilità per gli rls - i rappresentanti alla sicurezza (Rls) - di incidere realmente sulla progettazione e il controllo dell'intero sistema, lasciando loro l'attuale ruolo poco più che formale. E dire che durante la «kermesse» governativa di Napoli, il mese scorso, un comitato autorganizzato degli Rls - tra loro spiccano i ferrovieri - aveva chiesto la parola e l'aveva ottenuta a fatica per esporre la propria piattaforma. Le critiche sono venute anche dalla Fiom e da Rifondazione comunista, ma il ministero del lavoro ha tenuto duro, non ha recepito nulla di quanto contestato, e venerdì scorso il testo del disegno di legge delega è passato al consiglio dei ministri. Il ministro Paolo Ferrero ha subito dopo diffuso una nota in cui rimanda le correzioni alla discussione parlamentare, facendo capire che il Prc non intende mollare. Secondo Ferrero il testo dovrebbe «introdurre nel corpo normativo sia nazionale che regionale elementi di rigidità piuttosto che incentivi; collocare i costi della sicurezza sui costi generali della produzione, anziché sul lavoro; ricostruire il rapporto tra lavoro e impresa, attraverso una rigorosa responsabilizzazione del soggetto titolare della produzione; infine rafforzare il ruolo, l'autonomia e la rappresentatività di tutte le lavoratrici e i lavoratori a partire dai Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza». Gli stessi concetti sono ribaditi da Maurizio Zipponi, responsabile Lavoro del Prc, secondo il quale «il disegno di legge è inadeguato». «Emerge un dato gravissimo - spiega: la cancellazione del ruolo e del potere di intervento degli Rls, ai quali non viene riservato nemmeno un riferimento, dopo che, seppure non invitati, avevano chiesto con determinazione alla conferenza di Napoli un rafforzamento della propria funzione». Ieri è arrivata un'altra critica al testo, ma questa volta non da sinistra: secondo Giorgio Usai della Confindustria, che ha riferito alla Commissione d'inchiesta sulle morti bianche in Senato, il testo del governo «è immotivatamente penalizzante per le imprese, senza tuttavia prevedere più tutele per i lavoratori». In particolare, Confindustria pone l'accento sulle nuove sanzioni sia penali che amministrative contenute nel testo, una posizione di critica condivisa anche dalle imprese aderenti a Confagricoltura. Ma subito dopo il responsabile relazioni industriali della Confindustria ha ripreso una posizione che aveva già raggelato, sempre il mese scorso, l'uditorio dei lavoratori in occasione dell'assemblea nazionale sulla sicurezza organizzata dà Cgil, Cisl e Uil al Brancaccio di Roma: la tesi è che oltre la metà degli infortuni sul lavoro avviene sulla strada, mentre i lavoratori si spostano, e che dunque le imprese non avrebbero capacità d'intervento nella maggior parte dei casi. &la???? ??? ????¿quo;I dati sugli infortuni mortali sono gravi - ha spiegato Usai ai senatori riuniti in commissione - ma il 52% sono infortuni in itinere, cioè che avvengono sulla strada, e il datore di lavoro non ha la capacità di intervento». Bisognerà capire dove questi dati siano stati reperiti, perchè per il momento risultano essere in mano solo alla Confindustria. Replica il presidente Piero Mercandelli: «L'affermazione di Confindustria, secondo cui le morti bianche sarebbero da attribuire per il 52% a infortuni in itinere o più in generale a incidenti stradali, sembrano una sparata macroscopica a sostegno della tesi della irresponsabilità dei datori di lavoro. Mi sembra assurdo pensare che i morti nell'autotrasporto non debbano essere considerati vittime del lavoro solo perché hanno la sfortuna di morire sulla strada, il che dovrebbe poi, per di più, farci pensare che gli orari e i ritmi imposti dai proprietari e dagli azionisti delle imprese da cui dipendono, nulla abbiano a che vedere con le cause della loro morte. Idem per gli infortuni in itinere. gli orari di lavoro, la stanchezza per i fumi massacranti e prolungati, sòno causa scatenante di molti infortuni mortali nel tragitto da casa al lavoro e viceversa, benché essi non superino comunque nelle statistiche Inail la quota del 22% di cui il 12% sul percorso di ritorno dal lavoro».
(Antonio Sciotto, Roma - il manifesto, 21 febbraio 2007)

20 febbraio 2007

RLS PREMONO SU ASL: ORA BASTA, VIA L'"UOMO MORTO"
IERI SUMMIT A BOLOGNA; "FU PROMESSO A GIUGNO 2006" -ATTESO OK FS Bologna.
Il Vacma (il dispositivo di sicurezza piu' comunemente noto come "uomo morto"), un pronto soccorso a bordo treno e profilassi da legionella. E' su questi tre temi che si e' articolato l'incontro di ieri pomeriggio tra gli Rls (Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza) delle Fs e il coordinamento delle Ausl tenutosi a Bologna nei locali dell'azienda sanitaria locale di via Gramsci. Cosi', mentre si
attende a giorni l'annuncio dello sciopero regionale generale di otto ore indetto da tutti i sindacati dei ferrovieri, i rappresentanti per la sicurezza tornano a far sentire la loro voce su problemi che si
trascinano da tempo; hanno chiesto il parere delle Asl, a cui spetta (insieme all'Ispettorato del lavoro) la vigilanza in materia di sicurezza sul lavoro nei trasporti. All'incontro erano presenti, oltre ai direttori
della Asl di Milano e di La Spezia, anche il direttore del Servizio di prevenzione e sicurezza sul lavoro (Spsal) dell'Ausl di Bologna, Villiam Alberghini, e numerosi rappresentanti di Rls tra cui Roberto Santi e
Dante De Angelis (il macchinista che fu licenziato e poi riassunto, in seguito al suo boicottaggio del Vacma proprio alla stazione di Bologna). E' da molto tempo che gli Rls chiedono a gran voce la disgiunzione del Vacma dall'Scmt, il sistema di sicurezza usato sui treni, ritenendolo unicamente una grave fonte di distrazione per i macchinisti. Sul tema, come spiegano gli stessi Rls, le Asl hanno risposto di essere in attesa di ricevere da Trenitalia il calendario degli interventi diretti a portare a termine la disgiunzione. Un impegno che Trenitalia si era assunta, indicando come garanzia il mese di giugno 2006, ma di cui per il momento non ha piu' informato ne' la Asl ne' i sindacati.
"Totale conforto delle Asl" e' arrivato anche sul problema del pronto soccorso a bordo treno, che deve essere garantito per legge sia per il personale sia per i viaggiatori. A fronte delle rimostranze degli Rls
per la mancata erogazione del servizio, le Asl si sono impegnate a emettere, se non arriveranno conferme dall'azienda, delle disposizioni che obblighino Trenitalia a rispettare il decreto. Sul tema della legionella, infine, questione emersa dopo la morte di un capotreno nel Lazio, i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza hanno fatto presente la necessita' di controlli periodici sugli impianti idrici e su quelli di condizionamento. "Come Rls sono soddisfatto- afferma Santi- si è trattato di un incontro trasversale alle diverse organizzazioni sindacali e a cui hanno partecipato rappresentanti da tutta Italia: le Asl ci hanno espresso supporto, ma prima di tutto ascolto"

  18 febbraio 2007

Crevalcore, l'indagine va.
Prosegue l'inchiesta sullo scontro che costò la vita a 17 persone, tra cui 4 ferrovieri. I macchinisti: soddisfazione perché i giudici hanno accolto molte loro osservazioni; ma i grandi capi delle Fs escono dall'inchiesta
Il giorno dopo qualche perplessità c'è e anche un pò di delusione. I ferrovieri del Coordinamento 12 gennaio, nato dopo il disastro di Crevalcore del 7 gennaio 2005, non possono essere del tutto contenti. «Le scelte sulla sicurezza e l'adeguatezza della linea spettano ai dirigenti nazionali», dice Savio Galvani che quel coordinamento l'ha fondato assieme ad altri colleghi pochi giorni dopo l'incidente ferroviario costato la vita a 17 persone nello scontro frontale tra un treno passeggeri e uno merci sul binario unico della Bologna-Verona...continua...
L'inchiesta dei magistrati bolognesi si è chiusa con tre richieste di archiviazione per gli allora vertici nazionali di Rfi e sette avvisi di «fine indagine» che di solito anticipano la richiesta di rinvio a giudizio per altrettanti dirigenti intermedi. Escono quindi di scena Mauro Moretti, che adesso è a.d. del gruppo Ferrovie dello Stato ma al tempo ricopriva la stessa carica in Rfi, l'ex direttore tecnico e ora a.d. Michele Elia e il dirigente di movimento Giancarlo Paganelli. Ora il binario è stato raddoppiato e c'è il sistema Scmt di controllo della marcia del treno sulla linea (ma non su molte locomotive), ma l'inchiesta ha puntato molto sull'assenza di un «paracadute» in grado di sopperire all'errore umano, che pure quella mattina di gran nebbia si verificò quando il macchinista del treno passeggeri «bucò» il semaforo rosso. Moretti ha però convinto il procuratore capo Enrico Di Nicola e il pm Enrico Cieri, e una delle cinque consulenze disposte per ricostruire lo scenario dell'incidente gli dà sostanzialmente ragione. Nel documento del prof. Marco Ponti, che ha ricostruito la ripartizione delle risorse per la sicurezza su quella linea ferroviaria, si testimonia che la Bologna-Verona non era tra quelle giudicate prioritarie per l'installazione del sistema Scmt (controllo della marcia del treno) in grado di bloccare il convoglio in situazione di pericolo. Ma Moretti, dal momento del suo incarico in Rfi, nel 2001 riprogrammò gli investimenti per attrezzare tutta la rete nazionale, soldi che vennero stanziati dal Cipe il 20 dicembre 2004, due settimane prima dell'incidente. I magistrati hanno ritenuto sufficiente la difesa dei vertici.
Un punto su cui non sono d'accordo i ferrovieri. Galvani ricorda che «nel 1988 venne rimosso il sistema della ripetizione del segnale discontinua» e «non venne sostituito con nient'altro». Ragionamento condiviso da Roberto De Paolis, rls e consulente tecnico della famiglia di Vincenzo De Biase, il macchinista deceduto dell'interregionale: «per il sistema gerarchico che c'è è impossibile che le scelte strategiche vengano operate dai dirigenti regionali». De Paolis annuncia che in questi venti giorni, dopo aver letto gli atti, verranno prodotte ulteriori osservazioni da indirizzare al Gip che dovrà esaminare le richieste. Si tratterà di osservazioni che riguardano proprio le decisioni sugli investimenti. Una delle contestazioni dei magistrati ai dirigenti locali di Rfi è quella di aver «telecomandato» con troppo anticipo - cioè reso priva di personale - una stazione così antiquata come quella di Bolognina di Crevalcore, teatro dello scontro.
De Paolis sottolinea che «questa del telecomando è una scelta per risparmiare personale che le Ferrovie attuano da almeno dieci anni e comunque risponde a un'indicazione nazionale». Da parte di Galvani c'è comunque la soddisfazione perchè l'indagine «è proseguita e l'esposto dei ferrovieri è stato preso in considerazione dai pm». La speranza per De Paolis è che «si arrivi ad un processo per dimostrare la catena delle responsabilità».
(Giusy Mercante, Bologna - il manifesto, 18 febbraio 2007)

  17 febbraio 2007

Strage di Crevalcore. Massimi dirigenti prosciolti, i medi no.
Si è conclusa l'inchiesta della procura di Bologna sull'incidente ferroviario di Bolognino di Crevalcore che il 7 gennaio 2005, a causa dello scontro frontale - in un tratto a binario unico, nonostante sia l'equivalente su ferro dell'autostrada del Brennero - tra un treno merci e un convoglio di passeggeri, provocò 17 morti e decine di feriti. Sotto accusa, oltre alla nebbia, la completa assenza di meccanismi automatici in grado di segnalare al macchinista la situazione sui binari. Di qui, quindi, le indagini sui dirigenti e responsabili tecnici della Rete ferroviaria. I magistrati hanno chiesto l'archiviazione per tre dirigenti nazionali: Mauro Moretti, all'epoca amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana ed attualmente a.d. del gruppo Fs, Michele Elia (allora direttore tecnico di Rfi, di cui oggi è a.d.), e Giancarlo Paganelli, della direzione movimento di Rfi. Il procuratore capo Enrico Di Nicola ed il pm Enrico Cieri hanno poi disposto l'avviso di "fine indagini" che solitamente anticipa la richiesta di rinvio a giudizio, per sette dirigenti locali di Rfi che rimangono, quindi, indagati per i reati di disastro ferroviario colposo, omicidio colposo plurimo e lesioni colpose plurime.
(fonte: il manifesto, 17 febbraio 2007)

  15 febbraio 2007

''Siamo pronti a scioperare ancora in modo autorganizzato, se sara' necessario, per la sicurezza, contro i 10.000 esuberi e contro il macchinista unico''. I delegati RSU e RLS dell'assemblea nazionale dei ferrovieri annunciano battaglia su alcuni temi e obiettivi legati al piano industriale 2007-2011 delle Ferrovie, appena presentato dai vertici Fs al governo.
''Il silenzio sindacale sull'argomento non ci piace e ci preoccupa'', afferma in una nota l'assemblea, plaudendo invece alle parole del segretario nazionale del Fast ferrovie Pietro Serbassi, che ''apre il fronte del dissenso alle dichiarazioni dell'amministrtore delegato Mauro Moretti sugli esuberi e sull'eliminazione del secondo macchinista''.
''La posizione assunta dal Fast - proseguono i rappresentanti dell'Assemblea dei ferrovieri - contro gli esuberi e contro il 'macchinista solo' spiazza le altre sigle sindacali che, rimanendo in silenzio sull'argomento, si erano dimostrate possibiliste e pone un serio problema all'azienda, che vede rompere il quadro di unanimismo delle organizzazioni
firmatarie del contratto''.
(ANSA) - ROMA, 15 FEB

  9 febbraio 2007

Controlli e formazione degli Rls
di Luciano Togno
In questo ultimo periodo, sull'emergenza degli infortuni sul lavoro sono intervenute le massime cariche dello Stato, della Chiesa, della politica e del sindacato. Tutti concordemente richiamano tre cose: una lotta più incisiva contro il lavoro nero e precario, l'esigenza di nuove leggi, maggiori controlli da parte degli enti preposti. Solo il sindacato, da tempo, nei comunicati che stila all'indomani di gravi infortuni si spinge oltre, chiedendo di conoscere quali fossero le misure di sicurezza adottate al momento dell'infortunio. Per quanto riguarda la sicurezza, voglio ricordare che questa dovrebbe essere praticata indipendentemente dal tipo di rapporto di lavoro esistente e che, sul fronte legislativo, da anni giace una buona proposta di testo unico a firma del sen. Smuraglia. Per quanto riguarda invece i controlli e l'esigenza di conoscere le misure di sicurezza adottate, vorrei, nel limite delle mie possibilità, provare a rendere meglio comprensibili alcune cose. Ci viene in aiuto un'affermazione fatta da Luciano Gallino in un articolo recentemente pubblicato su la Repubblica «i datori di lavoro non in regola possono, sotto il profilo dei controlli preventivi, dormire sonni tranquilli». Come ciò sia possibile, Gallino lo spiega in modo preciso quantificando, sul milione e mezzo si aziende operanti nel paese, le esigue probabilità che queste hanno di subire un'ispezione da parte di un'Asl perennemente sotto organico o distratta anche su altri fronti. Se si ribaltano i fattori, si può vedere l'altro lato del problema e magari trame adeguate conclusioni. Questo milione e mezzo di aziende ha due precisi obblighi di legge che ci interessano. Il primo, fissato dall'articolo 18 della legge 626, impone che in ogni azienda venga eletto almeno un Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (Rls) che ha come compito primario, dopo essere stato opportunamente formato con un apposito corso, quello di controllare l'applicazione delle norme di sicurezza. In virtù dell'articolo 9 della legge 300 (Statuto dei lavoratori), anche alle Rappresentanze sindacali unitarie (Rsu) e ai funzionari sindacali viene affidato il medesimo compito di controllare l'applicazione delle norme. Il secondo obbligo (articolo 4 della 626) è quello relativo alla stesura di un Documento di valutazione dei rischi (D.d.V.R.). Questo documento, oltre che contenere la valutazione di tutti i rischi, deve essere completato con un piano di misure per eliminare o ridurre al minimo il rischio di farsi male o contrarre malattie professionali. Se tanto mi dà tanto, nel nostro paese, dove i datori di lavoro non in regola possono, sotto il profilo dei controlli preventivi, «dormire sonni tranquilli», esiste uno sterminato esercito di «controllori» e uno sterminato numero di documenti che dovrebbero contenere rischi e misure che vogliamo conoscere. In ogni azienda è presente come minimo un controllore e c'è un documento da controllare. Cosa si vuole di più? Secondo me, basterebbe coordinare e rendere operativa questa vasta massa di controllori (gli Rls) e cominciare a leggere e commentare questi documenti per dare una significativa sterzata al tanto conclamato problema della mancanza dei controlli. Certo, il problema è la qualità della formazione che gli Bis dovrebbero avere. Ma è proprio su questa che la 626 chiama in campo il sindacato assegnandogli, attraverso l'articolo 20, il compito di attuarla e renderla più efficace. Il sindacato lo sta facendo? E quanti documenti di valutazione analizza?
(fonte: il manifesto, 9 febbraio 2007)

  9 febbraio 2007

Sicurezza sempre a rischio.
Il nuovo Testo unico sulla sicurezza del lavoro, denunciano i sindacati, sarebbe stato stravolto dagli «esperti»: norme regionali e depenalizzazione?
di Francesco Piccioni
Mentre l'attenzione del pa ese viene dirottata da giorni sul calcio e le sue vicende, nei meandri dei ministeri si rimette continuamente mano a progetti di legge che sono destinati a incidere pesantemente sulla vita di chi lavora, cioè la stragrande maggioranza della popolazione. Accade così che, nel merito, la legge delega per il nuovo «Testo unico» sulla salute e la sicurezza del lavoro - che il governo si appresta varare - sia stato «ritoccato» qua e là, in senso ovviamente più favorevole alle imprese. Una nota congiunta di Cgil, Cisl e Uil (i segretari confederali Paola Agnello Modica, Renzo Bellini e Paolo Carcassi) ha lanciato improvvisamente un grido d'allarme, ieri, dopo mesi di confronto tra ministri e parti sociali. Un lavoro che aveva prodotto «significative convergenze», ma che ora vanno tradotte «in atti di legge». Ci si aspettava che il consiglio dei ministri di ieri avrebbe dato il via libera al testo «concordatario», tanto più che si era già arrivati a una sorta di «celebrazione preventiva» con la conferenza nazionale del 25 e 26 gennaio, a Napoli. Invece non se n'è fatto nulla. Proprio perché, sembra, si è visto che il testo finale era un (bel) po' difforme da quello concordato. Un bel problema, esploso proprio nel giorno in cui il ministro del lavoro, Cesare Damiano, relazionava alla Camera su varie questioni di sua competenza, tra cui appunto il Testo unico («ormai pronto», ha ribadito). Ma su quali punti si è verificato il «tentativo di pastrocchio»? Per i sindacati non c'è dubbio: per un verso c'è chi punta a «regionalizzare» la normativa sulla sicurezza del lavoro, per l'altro sarebbero rispuntate vecchie (e certamente di destra, in senso maronian-berlusconiano) «ipotesi di depenalizzazione» di alcune fattispecie. II sottosegretario al lavoro, Antonio Montagnino, ha voluto da parte sua assicurare che il suo ministero («e il governo») è assolutamente «impegnato a garantire l'uniformità delle norme su tutto il territorio nazionale». Ma si capisce che un tentativo c'è stato - magari attribuibile ad «esperti ministeriali di altri dicasteri» - di imporre una lettura del «ruolo delle Regioni» tale da comportare una maggiore «cedevolezza» nei confronti delle violazioni in materia di sicurezza. Un punto su cui lo stesso Montagnino si impegna, insieme al suo collega Gian Paolo Patta (sottosegretario alla salute), a garantire «ferma difesa» del testo originario fin da stamattina, in sede di commissione tecnica. II «rispetto delle Regioni», insomma, dovrebbe essere assicurato dalla possibilità di «implementare» il testo «nazionale», non di «annacquarlo». I varchi per tentare di stravolgere il testo, par di capire da altre fonti, sarebbero stati fomiti da alcune incongruenze palesi dell'attuale legge. Riconosce anche Montagnino, infatti, che «l'attuale apparato sanzionatorio va adeguato, perché esistono violazioni formali punite peggio di altre reali». Di qui a tentare di «stemperare» l'asprezza delle sanzioni anche in casi «reali» il passo deve essere sembrato, a qualcuno, abbastanza breve. C'è da augurarsi - usiamo un eufemismo - che questo passo avvenga in direzione opposta. Resta l'ennesima pessima impressione su un esecutivo apparentemente - ma soltanto sui media - «ostaggio della sinistra radicale», mentre nella realtà della legislazione l'«ala centrista e riformista» procede disinvoltamente a colpi di forzature sui temi socialmente più scabrosi (basti pensare all'avvio anticipato della previdenza complementare o la «presa per il cuneo» inserito nella legge finanziaria; ma anche a Vicenza e 1'Afghanistan). Certo che non si ripeterà - almeno per ora - il «colpo di testa» che fece cadere il «Prodi uno», nel '98. II problema è che, alle figure sociali che hanno sostenuto elettoralmente la vittoria dell'attuale maggioranza, tutto questo cincischiare politicista suona mortalmente deludente. Altro eufemismo.
(fonte: il manifesto - 9 febbraio 2006)

  2 febbraio 2007

I lavoratori devono essere protetti dai loro stessi errori
La Cassazione Penale, con una sentenza che si inserisce nel solco di un orientamento consolidato, ribadisce che le norme antinfortunistiche sono finalizzate a tutelare il lavoratore anche da infortuni derivanti da sua negligenza, imprudenza ed imperizia. La Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, con sentenza del 21 dicembre 2006 n. 41951, ha ribadito che poichè le norme che mirano a prevenire gli infortuni sul lavoro sono finalizzate a tutelare il lavoratore anche da infortuni derivanti da sua negligenza, imprudenza ed imperizia, un comportamento anomalo del lavoratore stesso può assumere valore di causa sopravvenuta da sola sufficiente a cagionare l'evento, escludendo così la responsabilità del datore di lavoro, solo quando esso sia assolutamente estraneo al processo produttivo o alle mansioni attribuite, risolvendosi in un comportamento del tutto esorbitante ed imprevedibile rispetto al processo produttivo, ontologicamente avulso da ogni ipotizzabile intervento e prevedibile scelta del lavoratore. La sentenza in oggetto si inserisce nel solco di un orientamento consolidato della Suprema Corte, secondo il quale “la normativa antinfortunistica mira a salvaguardare l’incolumità del lavoratore non soltanto dai rischi derivanti da accidenti o fatalità ma anche da quelli che possono scaturire da sue stesse avventatezze, negligenze e disattenzioni, purché normalmente connesse all’attività lavorativa, cioè non abnormi e non esorbitanti dal procedimento di lavoro” (v. per tutte Cass. 19 agosto 1996 n. 7636; 22 luglio 2002 n. 10706; 21 maggio 2002 n. 7454; 19 aprile 2003 n. 6377; 18 febbraio 2004 n. 3213; 24 marzo 2004 n. 5920; 14 febbraio 2005 n. 2930). Tale impostazione è un’applicazione del “principio di protezione oggettiva”, che assurge a principio generale dell’ordinamento antinfortunistico, in virtù del quale “le norme antinfortunistiche sono dettate al fine di ottenere la sicurezza delle condizioni di lavoro e di evitare gli incidenti ai lavoratori in ogni caso, e cioè quando essi stessi, per imprudenza, disattenzione, assuefazione al pericolo, possono provocare l’evento ”. Per un approfondimento in merito a tale tematica, V. Commento a Cass. Civ. Sez. Lav. 8 marzo 2006 n. 4980, di Anna Guardavilla in Rivista Ambiente e Lavoro, gennaio 2007, p. 37 e ss.

  19 gennaio 2007

Treni liberalizzati e Carta dei passeggeri
I paesi della Ue varano un primo regolamento sulle tratte internazionali.
Preoccupazione su sicurezza e lavoro, qualche tutela minima per chi viaggia.
Ieri il Parlamento europeo ha approvato questi tre provvedimenti all'interno del pacchetto per la liberalizzazione del settore, ma alla fine deve chinare la testa sul punto in cui maggiore era la discrepanza con gli Stati membri: l'apertura del traffico interno, tanto nazionale quanto regionale. Il progetto è stato fortemente osteggiato dai 27, in particolare dalla Francia e da alcuni nuovi paesi, ma non piaceva nemmeno a comunisti e verdi, sensibili ai temi della sicurezza occupazionale. A Strasburgo è passata infatti solo la richiesta, condivisa peraltro dalle capitali, di aprire il mercato internazionale, ma non quelli interni. Per forzare la mano ai governi e arrivare alla conciliazione (procedimento giuridico in cui i 27 e l'Eurocamera si mettono d'accordo partendo da posizioni diverse), ci voleva la maggioranza qualificata, una soglia rivelatisi ieri troppo alta. Secondo popolari e liberali, grandi promotori della liberalizzazione, il problema è che il traffico passeggero transfrontaliero rappresenta solo il 5% del totale e pertanto la sua apertura costituisce solo un passo minore verso la soppressione dei monopoli nazionali. «Dopo aver aperto il trasporto stradale, aereo, marino, fluviale e ferroviario per le merci (dal primo gennaio di quest'anno) mancava solo il trasporto passeggeri per completare il mercato interno», si lamenta Paolo Costa (Margherita), Presidente della Commissione trasporti del Parlamento. Secondo Costa, avrebbero vinto le lobby contrarie all'apertura dei mercati, con un danno per i passeggeri ma anche per il miglioramento dell'intera efficienza delle ferrovie europee, che così non potranno conquistare nuove quote di mercato. Per i comunisti e i verdi anche la liberalizzazione internazionale è un passo troppo grande, visto che non prevede alcuna salvaguardia sulla clausola sociale e potrebbe portare a problemi di interoperabilità e sicurezza. II popolare tedesco Georg larzembowsld, autore della Raccomandazione sull'apertura del settore, ribatte che non sussistono problemi di sicurezza visto che le reti ferroviarie rimangono sotto il controllo degli enti nazionali. La discussione sulle tratte a bassa redditività o in perdita (come quelle montane) è invece di fatto saltata, visto che non è passata l'apertura del traffico interno. Queste tratte dovrebbero comunque rientrare in un altro testo in preparazione che tratterà esplicitamente i servizi di interesse generale. Al di là della battaglia sulle liberalizzazioni, rimane il successo di tutto il Parlamento sulla Carta dei diritti dei passeggeri, un testo che le capitali vogliono limitare ai soli passeggeri di linee transnazionali e che Strasburgo considera invece necessario per tutti, anche perché già ne esiste uno per i passeggerei aerei. Con la Carta viene fissato per la prima volta fl diritto europeo al rimborso (il 25% del biglietto per ritardo compreso tra 60 e 119 minuti e il 50% oltre le due ore). A chi è abbonato verrà corrisposta un'indennità sotto forma di sconto per un nuovo abbonamento o di prolungamento dell'esistente mentre non vengono previsti limiti finanziari di responsabilità dell'impresa ferroviaria in caso di morte o lesioni fisiche di un passeggero. È comunque ancora presto per cantar vittoria sulla Carta, visto che il Parlamento dovrà discutere con i 27 che sono in parte - soprattutto ad est - contrari.
Alberto D'Argenzio Bruxelles (fonte: il manifesto)

  13 gennaio 2007

Conferenza nazionale sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro
Napoli - Città della Scienza 25 e 26 gennaio 2007
La Conferenza sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro si presenta come un importante appuntamento nazionale in cui Governo, Parlamento, Istituzioni, Sindacati, Imprese e Studiosi, sono chiamati a confrontarsi su regole, strategie e misure da adottare per ridurre l'incidenza ancora troppo alta di un così grave fenomeno. Organizzata dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale e dalla Regione Campania in collaborazione con il Ministero della Salute, Inail ed Ispels la conferenza è cofinanziata dall'Unione Europea nell'ambito del Por campania 2000-2006.
Partecipazione libera e gratuita previa registrazione on-line -
Modulo iscrizione on-line al convegno
- Clicca qui e scarica il programma.

  7 gennaio 2007

Il terzo pacchetto ferroviario approda al Parlamento
Il Parlamento europeo ha adottato il terzo "pacchetto ferroviario" in cui emergono le novità sui diritti e obblighi dei passeggeri e la proposta della certificazione del personale viaggiante. Gli eurodeputati hanno sostenuto l'idea di aprire alla concorrenza, entro il 2010, le reti ferroviarie nazionali per servizi passeggeri internazionali, pur non fissando una data precisa per la liberalizzazione del traffico nazionale.
Con l'adozione della relazione del deputato belga Dirk Sterckx (gruppo dell'Alleanza dei democratici e dei liberali) sui diritti base dei passeggeri ferroviari, il Parlamento, contrariamente al Consiglio, estende la proposta sui diritti e obblighi dei passeggeri internazionali al traffico ferroviario nazionale. La proposta include l'informazione ai passeggeri, una responsabilità in caso di morte o ferimento, l'assistenza alle persone a mobilità ridotta e un sistema di compensazione nei ritardi. Gli operatori di settore dovranno, inoltre, assicurare accessibilità eliminando gli ostacoli all'imbarco, sbarco e permanenza a bordo. Da notare che, in futuro, saranno previste aree riservate per passeggini, biciclette e attrezzature sportive. "I servizi ferroviari dovrebbero essere accessibili a tutti, ha affermato Sterckx, che ha precisato "vogliamo incoraggiare le persone a usare il treno e approfittare della diversità dell'Unione europea."
Date le persistenti differenze fra Consiglio e Parlamento, il pacchetto ferroviario verrà definito in sede di conciliazione, dove i rappresentanti delle due istituzioni cercheranno di trovare un accordo di compromesso.

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